Capita spesso di avere chiaro in mente un concetto talmente semplice e corretto che non necessita di una
spiegazione, si potrebbe dire è lapalissiano.
Così, quando si vorrebbe
spiegarlo ad altri ci si trova, per contro, in una sottile difficoltà, per un
motivo, se ci pensate bene, piuttosto assurdo: è così facile e chiaro che sentiamo una pulsione quasi doverosa a
complicare le cose per renderle comprensibili.
Un peccato veniale che
porta ad ingarbugliare una matassa avendo un solo filo lineare.
Chissà come mai la nostra
mente costruisce leziosi pastiche rococò
su architetture di equilibrio naturale, che non hanno bisogno di orpelli ad
agghindare la loro bellezza perfetta.
Ed eccoci qui, anche noi,
di fronte a questo dilemma: dire.
Se ci pensate che
dovremmo dire? “Eunomica” già
racchiude tutto, significanti e
significati, nella sua definizione etimologica, e quindi, che aggiungere?
Nulla.
Però, qualcosa
bisognerebbe pure dire, magari per rassicurare chi si sente in diffidente
soggezione davanti a questo aggettivo sostantivato arcaicamente innovativo.
E allora parole, slogan, e “avanti Savoia”, la penna scivola e la mente corre, cerca la meta essenza, ma la sua essenza, atavicamente l’idea dell’equilibrio naturale è parte
della catena del nostro DNA, non ha
bisogno di trascrizioni complicate.
Semplicemente richiede
uno sforzo solo, innescare le connessioni creative per mettere in pratica il
perfetto sistema socio economico figlio della cultura, del dire, del pensare e
del fare.
L’elica deve mettere in
moto la reazione che porta il
semicerchio, quando si è fortunati, o la linea, quando i tempi sono carenti
come questi, a completarsi in un cerchio, l’universale
moto dell’energia creativa e generativa.
Cosa chiedere ad Eunomia, in sintesi a noi stessi?
Di
arrivare al nocciolo della questione
per trovare in concreto la giusta via e metterla in circolo, davvero.
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