Oggi tutti
si riempiono la bocca con questa magica parolina “innovazione”, tutto ciò che arriva, e, spesso, si volatilizza nel
tempo di un paio di click, è
fatalmente ascritto alla categoria “nuova
azione”.
Questa superficiale
facilità nel distribuire a random la
caratteristica di innovazione a ciò che di per sé spesso non lo è, trattandosi
solo di mera copia a ricalco, spesso, di bassa lega, rischia di confinare il
termine in un processo di deculturazione di significante e significato che si
può definire assolutamente diseconomica.
Tanto per cominciare
prendiamone la definizione da un dizionario
(scelto a caso) si dice “Introdurre una o più novità in una
situazione”, quindi, novità in una
situazione predefinita ed esistente.
Qui la mia mente mi riporta in una delle più belle e concrete immagini
filosofiche di tutti i tempi, quella del siamo nani sulle
spalle di giganti (Citazione attribuita a Bernardo di Chartres,
o Bernardus Carnotensis) ossia
noi, il presente, vediamo più
lontano ed arriviamo più in alto perché poggiamo
sui giganti, la storia, il passato, il nostro
sapere ereditato, e, dopo di noi, ci saranno altri nani e noi saremo
giganti, altrimenti non si è che colossi
dai piedi d’argilla.
La caratteristica è,
quindi, l’aggiunta di un qualcosa,
che non deve essere né enorme, né rivoluzionaria, ma funzionale e creativa a
tal punto da modificare in modo tangibile e chiaro un qualcosa di esistente in
ottica migliorativa.
Il concetto etimologico,
di aggiunta ad un qualcosa noto,
porta a livello intrinseco anche un valore di compartecipazione cellulare dell’innovazione, di chi prima ha
creato, di chi poi crea un parte da assemblare al tutto per modificarlo e
dargli nuove funzioni e nuove comodità.
Innovare indi aggiungere, accrescere e ottimizzare per arrivare a un processo economico in positivo che ha
come scopo migliorare la qualità della
vita, attraverso la summa di
culture e saper fare stratificati nel tempo.
Percorsi di conoscenza,
bisogna conoscere ciò che è, il passato, per trovare le chiavi di un mutamento
per il futuro.
Così è tutta la nostra
storia umana, solo che, spesso, ci si ricorda dell’ultimo, colui che ha messo
la famosa “ciliegina sulla torta”, ma con lui e prima di lui uno stuolo di
altre menti e altre mani hanno fatto si che qualcuno potesse mettere una stellina sulle sue mostrine.
Per comprendere meglio il
valore della produzione, del prodotto e delle scoperte ad essi legati
bisognerebbe, indi, conoscere e ripercorrere le fasi storiche di passaggi e
percorsi che stanno alla base di un atteggiamento logico e concreto di “sapere” ciò che sono, vedo, consumo,
trasmetto.
Capire la qualità di ciò
che ci circonda e dare valore all’innovazione, quella vera, significa avere le
giuste chiavi per riprendere il
pieno possesso del ruolo attivo di colui
che consuma, non che è consumato dal consumismo.
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