mercoledì 16 luglio 2014

Intervista a Giuseppe Varlotta




Regista



GiuseppeVarlotta, “artigiano dell’immagine”, descriviti in due fotogrammi  e raccontaci come, e quando, hai deciso di diventare un regista di professione.

«Non ho deciso di fare il regista è avvenuto!
Come direbbe il grande  Alejandro Jodorowsky è un fattore di “sincronicità”.
Un giorno è avvenuto perché (forse) doveva avvenire, il termine “artigiano dell‘immagine” me lo diede un parroco in Germania, a Bochum, tanti anni fa mentre presentavo alcuni miei lavori.
È divenuta professione nel momento in cui ho incominciato sempre più a lavorare.
Questo è un mestiere che impari a farlo nel momento  stesso in cui lo fai, è studiare attentamente le forme architettoniche della  Vita, non so se mi spiego...
In poche parole non smetti mai di studiare se lo vuoi fare seriamente.
Altrimenti, come mi disse Mario Monicelli mentre preparavo la tesi:  “O lo fai seriamente oppure lascia perdere!”».


Nel 2005 hai fondato un movimento artistico trasversale che percorre e fonde tutte le arti, l’Emozionismo, qual è il nucleo centrale, l’essenza, che lo caratterizza e qual è stata la molla per dar vita ad  una nuova corrente culturale?

«La molla che ha fatto scattare questo Movimento, l‘Emozionismo, è stata la totale mancanza di vere correnti artistiche che hanno caratterizzato quasi tutti i periodi storici.
Mi sono sentito in dovere di prendere spunto dai grandi artisti dell‘Arte per far capire, prima di tutto a noi artisti, che l‘arte è uno strumento per evolvere e far evolvere l‘Uomo.
Con alcuni registi ci siamo ritrovati al Festival di Torino nel 2005 e ho “buttato” l’idea del Movimento artistico, subito hanno riso, oggi mi danno ragione.
L‘essenza è “l‘emozione Vera”, non falsa, costruita, traslata, voglio dire che noi “costruiamo storie“  e dobbiamo raccontarle attraverso una “Ricerca della Verità”, immergendoci fino a quasi soffocare per poi riemergere e accendere la “Luce delle Creatività”.
Se tu ci pensi i grandi artisti, vedi  Leonardo,  Caravaggio, Tiziano e tanti altri,  per ricercare la “Verità” hanno “ donato“ all‘uomo la loro vita per “Illuminarsi” verso il Divino.
Mi spiace dirlo ma credo che solo gli artisti “veri” comprendano veramente il “Misticismo di Dio”, non a caso quando andiamo a San Pietro , faccio un esempio a caso, andiamo per vedere le opere di questi grandi Artisti e non dei piccoli uomini di potere che hanno affossato la Chiesa.
La Spiritualità è Libertà di Potere.
Per concludere l’Emozionismo racchiude tutto questo».

Zoè, il tuo primo lungometraggio, definito dal Morandini, 2010, “Un film sulla resistenza in forma di favola non si era mai visto”, racconta uno dei più drammatici episodi della storia del nostro paese sul filo della poesia visiva, attraverso la voce e gli occhi della protagonista e dei personaggi che incontra lungo il suo percorso. 
Com’è nato il tuo progetto e qual è l’elemento, o gli elementi, peculiari che sono la forza di Zoè?

«La Storia ci racconta che l‘uomo ciclicamente dimentica i fatti capitati anni prima.
Detto questo, io mi sono sentito in dovere di non dimenticare e soprattutto di far riflettere sul fatto che i nostri Sogni hanno un Potere inimmaginabile.
Ho costruito il mio film attraverso fatti realmente accaduti in quel periodo e fatti che sono capitati a me durante quel periodo, cioè i Sogni Premonitori.
Mai nessuno ha sviluppato questo forte potere del sogno, non a caso la fissione nucleare di Einstein E= mc2 gli venne in un sogno.
Sapersi ascoltare in questo mondo di confusione e delirante non è per niente facile.
Sai, quando le persone guardano il mio film non vedono un film “ normale”, vivono un viaggio, un “trip”, che forse nella loro vita non hanno mai fatto.
Ovviamente, come dico sempre, nel film ci devi “entrare”.
Cosa vuol dire “entrarci”?
Semplicemente devi lasciarti trasportare senza pregiudizi.
Tutto qui.
Oggi giorno è difficilissimo “vivere il silenzio”, anche perché sei bombardato dal  vuoto, dal nulla, dal brutto, etc
Ti devi prevenire con una “corazza spirituale”, solo così l’uomo potrà “vedere”».

I tuoi film hanno partecipato, e partecipano, ad importanti Festival del Cinema, in Italia e nel resto del mondo, ricevendo consensi e premi. 
Secondo te quanto, e se, sono importanti i festival per il cinema di qualità e per la produzione indipendente?

«I festival sono importantissimi, ma comunque sia è il pubblico che deve vedere i miei film.
Per me fare un film è  creare un‘opera significativa, ci metto tutta la mia ispirazione e creatività, spesso sono costretto a limitarmi, a togliere, perché non ho i mezzi produttivi per fare diversamente.
Questo è castrante, ma, purtroppo, ora è così, devo lavorare più degli altri se voglio ottenere i massimi risultati.
Sai, questo è un mestiere che se lo possono permettere coloro che sono ricchi di famiglia, io non lo sono, ma voglio dimostrare che se, anche se non sei ricco, lavori costantemente, tutti i santi giorni, prima o poi i risultati arriveranno.
Ricordo una frase a riguardo che mi disse Mario Monicelli quando decisi di fare la mia tesi su di lui: “Giuseppe, vuoi fare veramente questo mestiere?…Allora FALLO!”».

La produzione cinematografica indipendente in Italia è in continua evoluzione, produce film di qualità, riceve apprezzamenti positivi dalla critica, coinvolge attori di calibro, è fatta da giovani professionisti con le idee chiare, riceve importanti premi nei festival esteri, ha un pubblico fedele e preparato, però, rimane, purtroppo, al margine del circuito della grande distribuzione, perché secondo te?

«Sai, la “democrazia“ è anche questa.
Una volta non c’erano tutti questi registi che volevano fare i film.
Oggi siamo tantissimi ed difficilissimo entrare nel mercato.
C’è una concorrenza spietata!
Ci vuole anche in questo caso perseveranza, costanza, pazienza.
Credo che, nel tempo , se una persona è veramente brava prima o poi sfonda e tutti saranno pronti a dire “io lo sapevo”, anche i più invidiosi…».

Oggi, anche in Italia, il crowdfunding è una possibilità reale per la realizzazione di progetti filmici indipendenti, che hanno, così, un nuovo spazio per poter trovare i finanziamenti per produrre “l’idea”, grazie alla compartecipazione diretta, al minimo sforzo richiesto ai tanti “finanziatori” e all’illimitata potenza del Web.  
Secondo te è uno strumento efficace per dare fiato e vita alla produzione indipendente?

«Guarda mi fai una bella domanda. 
Proprio in questo periodo sto studiando il crowdfunding.
Ho conosciuto registi che hanno utilizzato questo metodo e, da quello che ho capito, se il progetto è veramente valido il film riesci a realizzarlo.
Dato che il sottoscritto sta preparando il suo nuovo secondo film, vediamo se riuscirò anche io ad utilizzare questo nuovo metodo, direi rivoluzionario ».

Sei presidente dell’associazione culturale Kabiria, che promuove e produce spettacoli teatrali e opere cinematografiche, fra le quali Nana e Zoè, perché hai scelto come strumento di lavoro un’associazione invece di fondare una casa di produzione? 
Quali sono i limiti e le potenzialità di un’associazione in questo campo professionale?

«Ad oggi non ho ancora fondato una casa di produzione per vari motivi, uno dei quali è l‘aspetto economico. Costa troppo.
Stiamo, però,  lavorando affinché la nostra Associazione diventi una vera casa di produzione, vedremo.
I limiti di un‘associazione sono parecchi.
Dalle major a chi fa cinema da molti anni sei visto come se avessi la “malaria“, i tuoi prodotti sono considerati scadenti, non professionali, invece, quando poi li vedono rimangono basiti e ti fanno tutti i complimenti.
Quest’anno l’associazione compie ben 10 anni, sono orgoglioso di averla fondata e di aver creato prodotti di ottima qualità, tutto questo grazie ai soci fondatori».

I tuoi film, Nana e Zoè, possono vantare un cast di qualità,  composto da personaggi di spicco del cinema e della canzone, come sei riuscito a convincerli a partecipare in prima persona, scommettendo su un giovane regista emergente?

«Ho semplicemente fatto la cosa più semplice.
Li ho chiamati al telefono e ho fatto capire loro che il progetto che avevano tra le mani era unico nel suo genere.
Tutto qui!
Il resto viene da sé…».

In ultimo, in questo momento di difficoltà, forse, più mentale che oggettiva, quale futuro vedi, ed ipotizzi, per il cinema d’autore in Italia?

«Vedo una sferzata verso il “Bello“ dopo tanti anni di “Buio“, di oscurità, stiamo vivendo un momento storico Incredibile, magico, secondo me da questa Italia potranno uscire veramente grandi autori!
Vediamo e attendiamo il corso della Vita». 










 B. Saccagno


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