Filmaker,
produttore e fondatore della OndemotiveProductions
Giovane regista e
produttore di talento alla conquista del Regno Unito: come si vive la tua
professione oltre Manica?
«La vita di un regista e produttore indipendente chiaramente
non è facile neanche in UK.
Ovviamente c’è molta concorrenza: numerosi talenti che
provengono da tutto il mondo e i tanti ragazzi giovanissimi che escono dalle
ottime scuole di cinema non rendono facile l’inserimento negli ambienti di
settore.
L’età e la padronanza della lingua sono altri fattori
determinanti.
Però, è anche vero che se hai delle buone idee, un buon background di esperienze lavorative e
dimostri di sapere fare bene il tuo lavoro puoi riuscire a trovare le strade in
modo molto più semplice ed inaspettato che in Italia.
È fondamentale dimostrare creatività, determinazione ed
ambizione oltre che una buona dose di “arte di arrangiarsi” nelle fasi
difficili.
Conquistare il Regno Unito è un’affermazione esagerata ma
sicuramente nel giro di un anno e mezzo, pur non avendo la padronanza della
lingua inglese, sono riuscito a ritagliarmi il mio piccolo spazio all’interno
della grande Babilonia Londinese dove
riscontro, in diversi ambiti, grande interesse e curiosità per la mia attività.
Tutto questo ovviamente senza avere la raccomandazione o la
segnalazione di nessuno!».
Il tuo lavoro si
muove in trasversale attraversando campi diversi ed eterogenei, qual è, se c’è,
il segreto per realizzare sempre un ottimo prodotto?
«Ho sempre amato spaziare all’interno di ambiti
professionali completamente diversi tra loro.
È una sfida ed un grande stimolo ogni volta.
Credo che non ci sia un segreto per realizzare un ottimo
prodotto.
La passione e l’amore per il lavoro che si fa, insieme ad
una grande curiosità di scoprire nuovi mondi e di ricercare le giuste vie per
raccontarli, sono elementi che di certo possono aiutare molto».
In Sicilia ti occupi
anche di “Media Education” con i
giovani e i bambini, di cosa si tratta?
«In realtà lavoro con giovani e bambini ovunque mi capiti,
sia in Italia che all’estero (Università, scuole, associazioni).
Oltre all'attività di divulgazione dei miei documentari con
dibattito e workshop finali, realizzo
dei veri e propri laboratori di cinema che accompagnano gli allievi dall’ideazione
alla realizzazione di un cortometraggio, uno spot sociale o un video promozionale.
Vivendo l'intero processo produttivo cerco di dare loro gli
strumenti per osservare e raccontare il mondo utilizzando al meglio i nuovi media ed il cinema».
La Voce del Corpo docu
fiction sulla gestualità siciliana, da te scritta e realizzata, ha
suscitato un ampio interesse, da parte della critica e del pubblico, anche in
paesi dove la cultura del “gesto” è molto diversa dalla nostra.
Quali sono, secondo
te, gli ingredienti di questo grande successo?
«La comunicazione non verbale è la prima forma di linguaggio
degli esseri umani.
Alcuni popoli, per diverse ragioni storiche e sociologiche,
utilizzano meglio e con più efficacia questo codice linguistico.
Al momento in cui uno stereotipo come quello dell'Italiano
che “gesticola e schiamazza” diventa elemento di studio e viene osservato il
fascinoso ed articolato universo dei segni come una straordinaria dote
linguistica e comunicativa, tutto cambia.
Da elemento di scherno si trasforma in una qualità molto cool!».
Il tuo nuovo docu drama Un mu scurdavu,
selezionato per il David di Donatello2013, è nato da un progetto sociale che ha coinvolto l'Istituto Penale dei
Minorenni di Caltanissetta.
Il cortometraggio racconta il tema della legalità
attraverso le voci dei minori presenti in Istituto.
Come è nato questo interessantissimo progetto e quali sono
i suoi obiettivi?
«La direttrice dell'Istituto
Penale mi conosceva artisticamente da tempo e sapeva del mio interesse per il
sociale.
Quindi, al momento in cui si è
presentata l’occasione di iniziare un progetto di laboratorio audiovisivo
all’interno dell’Istituto mi ha coinvolto.
Lavorare con i ragazzi è stata un’esperienza
unica e irripetibile.
Ho imparato moltissimo da loro e
credo che sia stato uno scambio utile e costruttivo.
L’obiettivo era quello di
ragionare insieme ai minorenni sul concetto della legalità tramite il mezzo
cinematografico, partendo dalle loro reali storie personali.
Ne è venuto fuori un
interessantissimo punto di vista sulla società e sulla giustizia.
Credo che sia stata un’esperienza positiva
ed utile per tutti noi».
Per noi di Eunomica
la cultura è l’asse portante di ogni contesto sociale e fondamentale per ogni
sistema economico.
La sostanza della
cultura è profonda ma è necessario raccontarla con leggerezza e attraverso
sistemi di comunicazione innovativi e “giovani”, facilmente comprensibili, che
possano arrivare a tutti, senza, però, mai perdere il valore potente del
messaggio.
Sicuramente le arti
sono le protagoniste del processo del “far comprendere”, superando barriere ed
ostacoli grazie alla forza della bellezza e dell’estetica.
Tu, che realizzi
documentari con temi forti ed importanti raccontati attraverso linguaggi
innovativi riuscendo ad arrivare al cuore del pubblico, quali pensi sia il
ruolo della cultura, e delle arti, nel contemporaneo?
«Il ruolo della cultura e delle arti è fondamentale per una società.
È la sua linfa vitale.
Purtroppo spesso non vengono riconosciute dai governi come
elementi essenziali e per questo tagliano le risorse per portarle avanti.
Penso con amarezza al nostro paese...».
Come mai in Italia è
difficile arrivare alla grande distribuzione, nonostante il successo della
critica, i premi ricevuti in importanti festival internazionali, e l’interesse
del pubblico?
All’estero, invece,
secondo la tua personale esperienza, il mercato cinematografico lascia più
spazio ai giovani talenti, che potranno essere i grandi di domani, oppure la
situazione è cristallizzata come in Italia?
«A mio parere il documentario, anche se sta acquistando
sempre più importanza per il pubblico e la critica, non ha ancora una
distribuzione adeguata presso i canali ufficiali.
Le televisioni con i diversi palinsesti dedicati al genere
documentario hanno permesso una maggiore diffusione del genere e delle opere ma
sempre in cambio di basse ricompense per i distributori.
La produzione documentaristica è molta e anche di qualità,
la distribuzione sta avendo più canali a disposizione ma gli incassi sono
sempre relegati a piccoli rimborsi forfettari.
Questo di certo non aiuta molto.
Ho collaborato con diversi festival per la diffusione del
documentario d’autore, penso al LampedusaInFestival
(nel 2011) e all’Italian Docs Online qui
a Londra.
Il mondo dei festival è chiaramente un canale distributivo
fondamentale che può portare i sui frutti».
Infine, quali sono i
tuoi progetti per il futuro prossimo? Sempre se vuoi svelarcene qualcuno…
«Sto lavorando sul mio prossimo documentario che sarà
interamente girato a Londra nei prossimi mesi.
Il focus è l’emigrazione
italiana in questo paese.
Un fenomeno in grande espansione...».
B. Saccagno
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