mercoledì 16 luglio 2014

Intervista a Mara Pantanella




Editore, Officine Editoriali



Officine Editoriali è una casa editrice specializzata in e book, quando e come è cominciata la tua avventura?

«Officine Editoriali è nata ufficialmente il 15 Giugno 2012 ma, in realtà, ho cominciato a lavorarci un anno prima ,quando, attraverso una piattaforma di crowdfunding,ho iniziato a raccogliere i fondi necessari».

I dati sulla lettura in Italia sono sconfortanti, si comprano e si leggono meno libri, anche se, secondo i dati dell’AIE , crescono gli acquisti di e book, sebbene i numeri siano decisamente inferiori rispetto all’estero. Le statistiche, però, a volte sembrano non rispecchiare fedelmente la realtà quotidiana, tu, però, hai di certo la visione chiara del mercato editoriale attuale, vuoi raccontarcelo dal tuo punto di vista?

«Officine Editoriali è una casa editrice digitale.
Ma essendo sul mercato da pochissimo tempo, ha numeri poco rilevanti per poter fare una stima attendibile.
Dunque, ci affidiamo alle statistiche ufficiali per quanto riguarda la penetrazione degli e book sul mercato e non abbiamo motivo di dubitare dei numeri che ci vengono forniti in crescita esponenziale, perché nel nostro piccolo siamo in grado di confermare una progressione consistente.
In ogni caso, per capire il trend, basta dare un’occhiata al mercatostatunitense che ha raggiunto la parità tra le vendite cartacee e quelle digitali.
Prima o poi queste cifre si registreranno anche in Italia, anche se io penso che sarà molto più in là nel tempo.
Siamo gli ultimi in Europa e questo dipende da molti fattori, fra cui quello non secondario del mercato editoriale in mano a poche grandi case editrici che fanno cartello, mantenendo i prezzi degli e book troppo alti.
Questa è, purtroppo, la visione del mercato editoriale attuale.
Tutto ancora più fermo per le vendite dell’editoria cartacea, dove le grandi case editrici, sempre le stesse, non si preoccupano d’investire in autori esordienti - a meno che non provengano da “grandi” scuole di scrittura -.
Per ovvi ma non condivisibili motivi, preferiscono pilotare il mercato puntando sui nomi, non sui contenuti.  
Ormai lo status di “scrittore” è ambito quanto quello di “velina”. 
Raggiungerlo significa entrare nel mondo dorato dello spettacolo».

Quali sono gli interventi da fare subito per dare nuovo ossigeno al mercato editoriale, favorendo, fra l’altro, la lettura che è un atto di educazione e di conoscenza alla base di una società evoluta e consapevole?

«Non vedo interventi da poter attuare subito se non cambia proprio la mentalità.
La letteratura, la cultura e, di conseguenza, gli editori e gli autori, e tutto ciò che gira intorno a queste figure, sono lo specchio di ciò che succede nella società.
Dunque, il discorso è ben più ampio anche se, per cominciare, dovremmo accettare che la letteratura - attraverso gli “alletterati”, cioè coloro che si atteggiano a letterati, che sono, oggi, la sua massima espressione - intanto “scenda dal piedistallo” al quale si è ancorata e dall’alto del quale ha creato la sua propria lobby, industrializzando ciò che non poteva e non doveva essere industrializzato.
La pseudo letteratura si serve di nomi e non di contenuti.
E tutto è riconducibile al mero profitto personale».

Oggi, anche grazie al self publishing, è diventato più facile pubblicare e tutti, o quasi, provano a “dare alle stampe” i famosi “scritti nel cassetto”.
Vero, però, che non tutto è adatto alla pubblicazione, quali sono i criteri che ti portano a scegliere un manoscritto, fra i tanti che ricevi, da pubblicare ?

«In Italia esistono molti, moltissimi aspiranti scrittori ma gli scrittori, in realtà, sono pochi.
Lo dico da lettrice.
Quando leggo un libro voglio potermi rilassare e diventare il protagonista della storia.
Non voglio che la storia che sto leggendo mi innervosisca perché ci sono parole eccessivamente ripetute, perché contiene una punteggiatura selvaggia o una punteggiatura completamente inesistente, etc.
Dunque, la prima cosa che guardo è se il manoscritto contiene una storia e come viene presentata.
Guardo se il fattore temporale è ben distribuito lungo tutta la storia e se ci sono episodi ininfluenti ma che arricchiscono lo scritto.
Se, andando avanti, non sono costretta a tornare indietro a rileggere i riferimenti, allora il manoscritto è pubblicabile.
Poi, con l’editing perfezioniamo il tutto».

Quali consigli daresti ad uno scrittore in erba?

«Di non rinunciare ai propri sogni e di osare, riconoscendo i propri limiti».

Qual è il ruolo dell’editore oggi?

«Il ruolo dell’editore deve tornare ad essere quello di una volta, cioè un ruolo di collaborazione.
L’editore è qualcuno con cui creare una fucina, un laboratorio di idee. 
Non a caso la mia casa editrice si chiama Officine Editoriali.
Nelle nostre officine vorrei proprio che lo spirito fosse questo.
Pensate che oggi esiste la figura dell’agente letterario che, letteralmente, è qualcuno che cura gli interessi degli autori presso gli editori.
Come dire? 
Qualcuno che controlli che l’editore non “freghi” l’autore.
Questo la dice lunga sul ruolo che hanno assunto gli editori oggi.».

Negli ultimi anni c’è un’accesa diatriba che vede in contrapposizione l’Editoria A Pagamento, ossia le case editrici che chiedono agli autori il versamento di una quota prima della pubblicazione, e l’Editoria Non A Pagamento, che invece scommette sugli scrittori senza chiedere versamenti anticipati, come Officine Editoriali.
Perché uno scrittore dovrebbe scegliere un editore non a pagamento?

«Insisto sulla collaborazione tra autore ed editore. 
Letteralmente è una società di mutuo soccorso:
- se non ci fosse l’autore, l’editore non avrebbe nulla da pubblicare; 
- se non ci fosse l’editore, l’autore dovrebbe impegnarsi in un lavoro vero e proprio per auto pubblicare il suo libro.
Pensare che qualcuno paghi per questa collaborazione significa che non è collaborazione.
Alcune case editrici hanno clausole capestro di cui l’autore nemmeno si accorge e questo, per me, vuol dire lucrare sui sogni degli altri».

Oggi per promuovere un libro è fondamentale il contatto diretto fra autore e pubblico, sia attraverso i social sia fisicamente, partecipando a presentazioni, fiere, etc.
Nel secondo canale, però, è più difficile trovare il corretto modo di presentare un e book, che segue logiche di mercato diverse dal libro tradizionale, così, a volte, si ottengono risultati deludenti.
Qual è, allora, in questo caso il miglior approccio strategico?

«Noi siamo abituati a “vedere” e “toccare” le cose che compriamo.
Tutto ciò che è digitale continua ad essere virtuale, cioè inesistente.
Ciò che, prima o poi, impareremo a fare sarà essere più attenti ai contenuti. 
Si può parlare di un libro anche senza vederlo e se proprio lo si vuol mostrare si possono utilizzare gli strumenti digitali.
Guardate”, lo dico io che sono una patita dei libri di carta ma mi rendo conto che noi guardiamo anche con le mani. Non solo i libri.
Anche quando andiamo a comprare un vestito, una borsa... dobbiamo toccare.
Quel gesto ci aiuta a vedere meglio. 
Sono convinzioni, niente di più e, come tali, vanno cambiate, vanno migliorate.
Per il resto non esiste un approccio strategico per la presentazione di un e book.
Cuore, cuore, cuore ed utilizzo di tutti gli strumenti a nostra disposizione, inclusi quelli digitali».

Quali sono gli obiettivi di Officine Editoriali e cosa gli auguri per il futuro prossimo?

«L’obiettivo principale di Officine Editoriali è quello di sopravvivere e continuare a crescere.
Purtroppo, le istituzioni ci “segano le gambe” e, quindi, si dovranno fare degli aggiustamenti se vogliamo continuare ad esistere.
Sarebbe un peccato scomparire.
Ritengo che Officine Editoriali si occupi di esordienti come pochi riescono a fare. Con attenzione e rispetto. E tutte le pubblicazioni sono ad un certo livello.
Quindi, per il futuro prossimo auguro sinceramente e fortemente ad Officine Editoriali di riuscire ad incrementare la sua visibilità e le sue vendite.

Sembrerà un discorso molto “terra, terra” ma, al momento, è ciò che serve per continuare, visto che nessuno ci aiuta». 








B. Saccagno

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