Cluster è una parola di origine inglese che significa “Gruppo”, un insieme
individuabile per caratteristiche comuni, un’aggregazione di elementi omogenei
dentro un cerchio circoscritto.
Siamo ormai abituati a
vederci racchiusi in caselle uniformanti nel nostro essere animali sociali (per
la scuola, le tasse, il reddito, etc),
e non ci prestiamo più la dovuta attenzione .
Ognuno di noi è, spesso
senza rendersene nemmeno conto, un piccolo tassello nel puzzle di un cluster di
mercato, quei recinti virtuali a cui attingono sapientemente il marketing e la pubblicità per creare
nuovi bisogni e per indurci a consumare senza ritegno “qualsiasi prodotto design around us”.
Il sistema
è in sintesi questo: si analizzano i tanti tipi di consumatori, con una cluster analisys, per arrivare alla
valorizzazione degli elementi in comune che individuano un target specifico.
I target vengono isolati e studiati in dettaglio per individuarne i
nuovi bisogni, creando campagne pubblicitarie ad hoc.
Noi diamo
gli input, veniamo analizzati dando
traccia dei nostri gusti, degli stili di vita e delle nostre inclinazioni di
consumo, così i nuovi bisogni riscontrano il nostro gusto e, attraverso un
processo subliminale, ci ritroviamo a non poterne fare a meno.
In questa semplificazione
estrema del processo si può restare spiazzati, perché il ruolo del consumatore
finale, in sintesi noi, tutti noi, è tendente al passivo, con autonomia
decisionale fortemente diretta a livello inconscio.
Però, pure analizzando in
dettaglio il sistema, il risultato non cambia.
Se date un’occhiata a Sinottica, l’indagine comportamentale
dei target di consumo, dell’Eurisko, e guardate le sue mappe con
gli identikit dei macro insiemi dei
consumatori tipo scoprirete che nessuno vi sfugge del tutto, piuttosto
inquietante, decisamente da Big Brother.
Attraverso indagini
multilivello e strumenti ad hoc si
studia la psicografia,
termine dalla fonetica zoppicante, per mappare il contesto sociale dei potenziali
consumatori e i loro comportamenti (chi sono, cosa vorrei, cosa vorrei essere,
cosa sogno, cosa mi piace, etc).
I dati vengono aggregati
in mappe a scala di dettaglio differente, dal macro, la grande mappa ossia una griglia a quattro direzioni più generica, al micro, così incrociando le coordinate
si possono individuare sottoinsiemi precisi a cui rivolgersi.
Un sistema ben congeniato
ed efficace, dal quale non è automatico e semplice uscirne con consapevolezza,
anche perché siamo noi stessi, o meglio la fascia di consumatori campionata
attraverso interviste, a fornire le chiavi di lettura idonee per colpirci.
Fondamentalmente
nulla di scorretto, però, in questo modo caschiamo più facilmente nella rete
del consumatore uniformato, sottovalutando, o riducendo, la nostra facoltà di
analizzare attentamente la qualità del prodotto con criticità, isolando le
caratteristiche peculiari del prodotto dal packaging estetico e pubblicitario e soffermandoci
sulla sua utilità reale.
Il
consumatore ha un ruolo primario nel mercato, senza di esso non potrebbe
esserci un commercio di prodotti, beni e servizi a soddisfazione di un bisogno.
Oggi è sempre più relegato ad animale da consumo, il pollo da
spennare sino all’osso, quando non avrà più capacità di spesa verrà
relegato nella casellina grigio nera “non necessario”.
Proprio per il suo ruolo
centrale, ogni singolo consumatore dovrebbe sentirsi in dovere di conoscere
queste strategie subliminali per evitarle, o, almeno, essere consapevole della
loro esistenza, così potrebbe scegliere un meccanismo di consumo basato sulla
cultura, ossia la conoscenza della qualità, intrinseca ed estrinseca, del prodotto
in rapporto al suo prezzo e al beneficio reale che ne ricaverà.
In tempi di crisi, dove
le attenzioni sono rivolte non alla crescita del sistema economico per il
miglioramento della qualità della vita bensì allo spremere all’osso i cittadini, è necessario rispondere con la
cultura, con la conoscenza dei sistemi e degli ingranaggi.
La consapevolezza ci
costringe a fermarci ad approfondire, scardinando di fatto un automatismo
subliminale che dura da tempo.
Oggi non ci sono scuse
alcune per non conoscere, non sapere, perché comprendere è uno dei tanti modi
per cambiare l’ordine precostituito con razionalità, senza rivoluzioni né
stravolgimenti, semplicemente usando il cervello.
B. Saccagno
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