mercoledì 16 luglio 2014

Intervista a Luca Vullo




Filmaker, produttore e fondatore della OndemotiveProductions



Giovane regista e produttore di talento alla conquista del Regno Unito: come si vive la tua professione oltre Manica?

«La vita di un regista e produttore indipendente chiaramente non è facile neanche in UK.
Ovviamente c’è molta concorrenza: numerosi talenti che provengono da tutto il mondo e i tanti ragazzi giovanissimi che escono dalle ottime scuole di cinema non rendono facile l’inserimento negli ambienti di settore.
L’età e la padronanza della lingua sono altri fattori determinanti.
Però, è anche vero che se hai delle buone idee, un buon background di esperienze lavorative e dimostri di sapere fare bene il tuo lavoro puoi riuscire a trovare le strade in modo molto più semplice ed inaspettato che in Italia.
È fondamentale dimostrare creatività, determinazione ed ambizione oltre che una buona dose di “arte di arrangiarsi” nelle fasi difficili.
Conquistare il Regno Unito è un’affermazione esagerata ma sicuramente nel giro di un anno e mezzo, pur non avendo la padronanza della lingua inglese, sono riuscito a ritagliarmi il mio piccolo spazio all’interno della grande Babilonia Londinese dove riscontro, in diversi ambiti, grande interesse e curiosità per la mia attività.
Tutto questo ovviamente senza avere la raccomandazione o la segnalazione di nessuno!».

Il tuo lavoro si muove in trasversale attraversando campi diversi ed eterogenei, qual è, se c’è, il segreto per realizzare sempre un ottimo prodotto?

«Ho sempre amato spaziare all’interno di ambiti professionali completamente diversi tra loro.
È una sfida ed un grande stimolo ogni volta.
Credo che non ci sia un segreto per realizzare un ottimo prodotto.
La passione e l’amore per il lavoro che si fa, insieme ad una grande curiosità di scoprire nuovi mondi e di ricercare le giuste vie per raccontarli, sono elementi che di certo possono aiutare molto».

In Sicilia ti occupi anche di “Media Education” con i giovani e i bambini, di cosa si tratta?

«In realtà lavoro con giovani e bambini ovunque mi capiti, sia in Italia che all’estero (Università, scuole, associazioni).
Oltre all'attività di divulgazione dei miei documentari con dibattito e workshop finali, realizzo dei veri e propri laboratori di cinema che accompagnano gli allievi dall’ideazione alla realizzazione di un cortometraggio, uno spot sociale o un video promozionale.
Vivendo l'intero processo produttivo cerco di dare loro gli strumenti per osservare e raccontare il mondo utilizzando al meglio i nuovi media ed il cinema».

La Voce del Corpo docu fiction sulla gestualità siciliana, da te scritta e realizzata, ha suscitato un ampio interesse, da parte della critica e del pubblico, anche in paesi dove la cultura del “gesto” è molto diversa dalla nostra.
Quali sono, secondo te, gli ingredienti di questo grande successo?

«La comunicazione non verbale è la prima forma di linguaggio degli esseri umani.
Alcuni popoli, per diverse ragioni storiche e sociologiche, utilizzano meglio e con più efficacia questo codice linguistico.
Al momento in cui uno stereotipo come quello dell'Italiano che “gesticola e schiamazza” diventa elemento di studio e viene osservato il fascinoso ed articolato universo dei segni come una straordinaria dote linguistica e comunicativa, tutto cambia.
Da elemento di scherno si trasforma in una qualità molto cool!».

Il tuo nuovo docu drama Un mu scurdavu, selezionato per il David di Donatello2013, è nato da un progetto sociale che ha coinvolto l'Istituto Penale dei Minorenni di Caltanissetta.
Il cortometraggio racconta il tema della legalità attraverso le voci dei minori presenti in Istituto.
Come è nato questo interessantissimo progetto e quali sono i suoi obiettivi?

«La direttrice dell'Istituto Penale mi conosceva artisticamente da tempo e sapeva del mio interesse per il sociale.
Quindi, al momento in cui si è presentata l’occasione di iniziare un progetto di laboratorio audiovisivo all’interno dell’Istituto mi ha coinvolto.
Lavorare con i ragazzi è stata un’esperienza unica e irripetibile.
Ho imparato moltissimo da loro e credo che sia stato uno scambio utile e costruttivo.
L’obiettivo era quello di ragionare insieme ai minorenni sul concetto della legalità tramite il mezzo cinematografico, partendo dalle loro reali storie personali.
Ne è venuto fuori un interessantissimo punto di vista sulla società e sulla giustizia.
Credo che sia stata un’esperienza positiva ed utile per tutti noi».

Per noi di Eunomica la cultura è l’asse portante di ogni contesto sociale e fondamentale per ogni sistema economico.
La sostanza della cultura è profonda ma è necessario raccontarla con leggerezza e attraverso sistemi di comunicazione innovativi e “giovani”, facilmente comprensibili, che possano arrivare a tutti, senza, però, mai perdere il valore potente del messaggio.
Sicuramente le arti sono le protagoniste del processo del “far comprendere”, superando barriere ed ostacoli grazie alla forza della bellezza e dell’estetica.
Tu, che realizzi documentari con temi forti ed importanti raccontati attraverso linguaggi innovativi riuscendo ad arrivare al cuore del pubblico, quali pensi sia il ruolo della cultura, e delle arti, nel contemporaneo?

«Il ruolo della cultura e delle arti è fondamentale per una società. 
È la sua linfa vitale.
Purtroppo spesso non vengono riconosciute dai governi come elementi essenziali e per questo tagliano le risorse per portarle avanti.
Penso con amarezza al nostro paese...».

Come mai in Italia è difficile arrivare alla grande distribuzione, nonostante il successo della critica, i premi ricevuti in importanti festival internazionali, e l’interesse del pubblico?
All’estero, invece, secondo la tua personale esperienza, il mercato cinematografico lascia più spazio ai giovani talenti, che potranno essere i grandi di domani, oppure la situazione è cristallizzata come in Italia?

«A mio parere il documentario, anche se sta acquistando sempre più importanza per il pubblico e la critica, non ha ancora una distribuzione adeguata presso i canali ufficiali.
Le televisioni con i diversi palinsesti dedicati al genere documentario hanno permesso una maggiore diffusione del genere e delle opere ma sempre in cambio di basse ricompense per i distributori.
La produzione documentaristica è molta e anche di qualità, la distribuzione sta avendo più canali a disposizione ma gli incassi sono sempre relegati a piccoli rimborsi forfettari.
Questo di certo non aiuta molto.
Ho collaborato con diversi festival per la diffusione del documentario d’autore, penso al LampedusaInFestival (nel 2011) e all’Italian Docs Online qui a Londra.
Il mondo dei festival è chiaramente un canale distributivo fondamentale che può portare i sui frutti».

Infine, quali sono i tuoi progetti per il futuro prossimo? Sempre se vuoi svelarcene qualcuno…

«Sto lavorando sul mio prossimo documentario che sarà interamente girato a Londra nei prossimi mesi.
Il focus è l’emigrazione italiana in questo paese.

Un fenomeno in grande espansione...».









B. Saccagno


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