giovedì 9 ottobre 2014

Intervista a Francesco Bernabei





Ideatore e autore de La Musa Offesa, presidente di Eunomica
http://eunomicaapc.blogspot.it/p/la-musa-offesa.html 


Francesco Bernabei sei un uomo poliedrico, fra i tanti progetti che idei e realizzi c’è anche un “libro”, o, forse meglio, un “meta-libro”, dal titolo accattivante La Musa Offesa, ci presenti la protagonista?

«Io non sono scrittore nel senso pieno del termine, perché non ritengo di possedere una capacità di scrittura tale da creare un prodotto “artistico” buono, scrivo per necessità.
Scrivo per esprimere dei concetti che sono la sintesi elaborata lungo i miei percorsi culturali, diciamo che sono l’output del mio lavoro di sviluppatore sociale, o meglio culturale, che si occupa di sviluppare un concetto culturale per mezzo di azioni o proponendo delle idee.
Quando, però, tratto un’idea che può cambiare il software del sistema culturale devo scrivere, sono costretto!
Anche perché è l’unico modo per lasciare a tutti la possibilità di inserirsi nell’ottica dell’idea, comprenderla e condividerla.
Per questo La Musa Offesa è un libro open source, dove si può entrare facilmente perché si conosce il codice sorgente ed, inoltre, se l’avessi impostato come un saggio di economia classico, avrei di certo perso del pubblico: io per primo, ad esser sincero, mi sarei annoiato perché l’economia è sempre presentata in modo “palloso”, mentre a me piacciono i giochi e così l’ho trasformata in un testo diverso che sicuramente mi ha dato modo di incontrare un numero maggiore di lettori.
Riguardo alla Musa che porta il nome di Eunomia Ενομα - che credevo di aver inventato io elaborando termini di origine greca seguendo la logica del suo significato intrinseco - ,  ho poi scoperto che esisteva già nella mitologia classica: essa è, di fatto, la voce della coscienza collettiva, creata ovviamente dall’autore ma che si rivolge a tutti, spiegando le logiche economiche partendo dal “buon senso”.
Eunomia è anche un asteroide che passava per una curiosa e casuale congiuntura astrale il giorno in cui ho deciso di iniziare a scrivere il testo con il suo nome: questo mi è parso “un segno” positivo.
La Musa non dà risposte concrete ma alza il livello culturale insegnando a guardare ai paradigmi precostituiti dell’economia in modo diverso, ad osservarli meglio perché, forse, anche noi contemporanei dovremmo chiedere a lei l’ispirazione per trovare risposte migliori in campo economico, come facevano nell’antichità aedi e cantori».

Quando e perché hai deciso che era giunto il momento di scrivere la tua visione dell’economia sociale in forma di racconto?

«C'è stato un momento preciso in cui tutti mi chiedevano del materiale scritto di approfondimento ed io non ne avevo molto, tra l’altro alcuni testi erano quasi introvabili o, comunque, non facilmente reperibili.
Anche gli amici mi suggerivano di scrivere ma io avevo delle remore, perché quando scrivi occupi dello spazio ed inoltre si tratta di un processo d’incontro fra l’autore ed il lettore e dovresti avere dei lettori interessati.
Il momento è arrivato nel 2007, quando ho dovuto mettere in chiaro gli output culturali che avevo raccolto e non trovavo il giusto approccio: allora ho deciso di scrivere un racconto dedicato all’economia, non ho scelto il saggio tout court perché non mi ritengo un esperto di economia tale da poter stendere un testo tecnico specialistico.
Quell’anno ho scritto buona parte del libro ed ho iniziato a farlo circolare tra persone interessate all’argomento: questo posso dire che è stato l’incipit de La Musa Offesa».


Spiegare i concetti basilari dell’economica, reale e sociale, di fatto semplici e, forse, per questo così complicati da chiarire, non è una cosa facile; come sei riuscito a trovare la chiave d’equilibrio fra il contenuto di spessore, più adatto ad un saggio, e la forma più leggera e ironica del racconto letterario?

«Il racconto permette all’autore di costruire delle situazioni pratiche dove immaginare il protagonista e gli altri personaggi inseriti in determinati frangenti o circostanze: queste situazioni artificiali hanno il pregio di facilitare la spiegazione dei concetti meglio di altre tipologie di testo.
La Musa fornisce delle risposte alle domande che le vengono poste oppure dà delle idee mentre il co protagonista, il precario in crisi è quello che vive il problema economico contemporaneo, è il soggetto attivo.
Il loro confronto, scritto con un ritmo divertente, è elaborato con un sistema di scatole cinesi, dove in ogni capitolo si affrontano temi riguardanti i fondamenti dell’economia.
Alla fine non hanno risolto le grandi questioni ma i personaggi danno modo di avviare una riflessione diversa, aprendo nuovi scenari.
Se ci sono davvero riuscito, non lo so, posso dire di essere soddisfatto, forse, si può fare di più ma, essendo un libro open source, potrò rimetterci le mani in futuro e ripensarlo in altra maniera».

La Musa Offesa non è un libro nel senso tradizionale del termine, è più un esperimento di cultura compartecipata, di conoscenza trasversale di concetti fondamentali per l’economia e la cultura sociale. Un racconto/romanzo, un dialogo in divenire.
La Musa Offesa è mutato dalla prima versione, si è arricchito sotto la guida dell’autore, si è trasformato, dalla prima stesura a quella attuale, attraverso l’interscambio di esperienze e di idee degli “Al.”, i co autori che in forme, tempi e modi diversi vi hanno partecipato.
Ma non può nemmeno dirsi un testo a scrittura collettiva in senso totale.
Vuoi spiegarci esattamente cos’è il progetto La Musa Offesa?

«Allora, il progetto nella sua linea teorica è la tappa intermedia del cambiamento sociale che porta l’economia ad essere appunto un fatto sociale: in linea pratica ha originato l’Associazione Eunomica, nata con un gruppo di lettori del libro, convinti che si potesse ragionare su queste questioni seguendo un percorso meno dottrinario e più collettivo o compartecipato.
Il libro è uno strumento secondario, forse non è necessario leggerlo, perché con Eunomica ci sono progetti concreti che seguono le riflessioni del La Musa Offesa.
Il racconto non è stato per adesso un’occasione di scrittura partecipata perché non sono riuscito a mettere veramente in pista questo sistema di scrittura: intendiamoci, ho ricevuto tanti consigli e letture critiche di cui sono grato ma non ritengo sia un esperimento ancora riuscito di scrittura collettiva.
È comunque uno strumento ideato per aprire la via della partecipazione, forse, è questa la vera anima de La Musa Offesa».

È passato, ormai, un po’ di tempo dalla prima stesura a all’ultima.
Il libro è stato letto, modificato, ripensato, ha avuto, e ha, una sua vita letteraria ben definita: che bilancio ne trai, ad oggi, del percorso de La Musa Offesa?

«È stato letto da qualche centinaio di persone, un tempo, all’inizio, tenevo il conto dei lettori per capire come si potesse muovere un libro nato dal nulla, senza supporti editoriali, sono arrivato a contarne sino a trecento, ho avuto diversi feedback tecnici di lettori interessati ma non sono uno scrittore e seguo logiche diverse: di certo volevo che fosse letto.
Il risultato positivo è che è stato caricato sul Web dal 2008 ed è ancora letto, alcuni mi fanno ancora domande sulle tematiche espresse nel libro.
Non so se avrà un futuro ma mi piacerebbe un giorno continuarlo, d’altronde nella prima stesura il precario non aveva nemmeno un nome, la Musa rimaneva sospesa fra il reale e l’irreale e la fine è stata scritta a distanza di anni: una scelta dettata dal desiderio di dare un equilibrio al racconto, per non mandarlo in crash.
Ma se penso alle opere di Jean Jonò, l'autore dell'Uomo che piantava gli alberi, dove uno stesso personaggio muore e ricompare vivo in un’altra storia, mantenendo le sue peculiarità, allora posso pensare di riaprire La Musa Offesa in futuro.
Sicuramente mi sono stati dati idee e spunti per il libro, più che interventi veri e propri, così il testo ha mantenuto la sua identità di testo “teatrale” come è stato definito, ma di fatto quello che voglio è che il suo percorso sia quello di Eunomica, ossia quello che dovrebbe essere l’economia contemporanea».

Perché hai scelto di non pubblicare La Musa Offesa con un editore tradizionale, né con il self publishing, ma hai optato per una libera circolazione del testo, disponibile solo on line in free download?

«Vi è mai capitato di volere leggere un testo ma o costa troppo e non puoi permettertelo oppure non è facilmente reperibile? A me sì e molte volte!
Ecco, quando ho deciso di scriverlo ho pensato a tutti quegli autori che mettono a disposizione sul Web i loro testi gratuitamente ed alla frustrazione di non riuscire a recuperare libri datati, fuori commercio o difficilmente disponibili on line.
Volevo fare della cultura e renderla liberamente, e facilmente, disponibile, senza pagare nulla, come hanno fatto i vecchi internauti, che ringrazio, mettendo in rete testi preziosi ed importanti ma poco accessibili.
Inoltre è il biglietto da visita dell’Associazione Eunomica, è dal nostro sito che si può scaricare in download.
Avrei potuto pubblicarlo, ci sono state delle possibilità, ma alla fine ho deciso di non farlo perché l’avrei reso più debole e poi ho pensato alla generosità, perché è un’apertura, se tutti diamo qualcosa quando ne abbiamo ragionevolmente la possibilità, allora c’è scambio, altrimenti se ci chiudiamo non abbiamo più la possibilità di scambiare nulla.».

Nell’antichità la Dea era colei che presiedeva una precisa attività/azione/sentimento umano o naturale, colei che proteggeva e a cui chiedere perdono o invocare l’aiuto (così come colei che puniva, se lo riteneva opportuno, naturalmente), mentre la Musa sovraintendeva le Arti, era colei che donava l’ispirazione divina all’uomo per creare.
Nel racconto Eunomia possiede entrambe le caratteristiche, quindi, a lei ci rivolgiamo indirettamente, a te direttamente, cosa dovremmo fare oggi, a livello di buona economia, per uscire da questa crisi, più creata a tavolino che reale, o, per lo meno, per iniziare a cambiare il punto di vista?

«La prima cosa che mi viene in mente da dire è che quando crei l’espediente letterario della Musa vuoi spingere a guardare in alto, alzando il livello, il contrario esatto di cosa fa l’economia oggi, che toglie all’altro i beni necessari per seguire le leggi del mercato, invece, si dovrebbe scambiare a livello paritetico: in questo modo tutti sono “contenti” perché si genera un equilibrio.
L’equilibrio deve essere alla base del concetto tecnico che regola il mercato, perché così questo funziona meglio, come stanno dicendo negli ultimissimi anni alcuni economisti, sebbene tanti la definiscono ancora pura utopia: ma, in ultima analisi, perché mai?
E chi può dire davvero, assumendosene la responsabilità che non sia davvero così?
Oggi bisogna lavorare sui fondamenti dell’economia e metterli in dubbio, a partire, ad esempio, dalla povertà artificiale creata a vantaggio della ricchezza, i vantaggi truffaldini che regolano la moneta ancora oggi, la competizione e via dicendo.
Ipotizziamo di essere tutti “amici” e volessimo o dovessimo creare una situazione di mercato, faremmo davvero come facciamo oggi?».








Barbara Saccagno

martedì 23 settembre 2014

Electricitas - The Project

ELECTRICITAS IS




Ideato, progettato, realizzato 


da

L’elettricità 

è qualcosa di meraviglioso


in Co Progettazione con 

Comune di Veglio 



e con il Patrocinio di





  e di 


Idea

ἤλεκτρον   elektron

Cosa conosciamo davvero dell’energia libera?

Poco, nonostante tutto...
Nell’aria esiste energia libera disponibile facilmente catturabile
Famosi scienziati ed eruditi in passato si sono occupati di questo fenomeno
Le ricerche in questo campo oggi sono di fatto inesistenti o destinate a micro nicchie
Esistono molti brevetti storici interessanti che meritano nuove chance  
Le innovazioni contemporanee possono migliorare le buone idee del passato e renderle attuabili
Mancano dati statisticamente significativi, concreti, certi, misurabili e confrontabili in materia
Per molte aziende è un campo di ricerca innovativo in cui investire

Cosa vogliamo fare per cambiare le cose,
per un futuro migliore?

PROGETTAZIONE CREATIVA
basata su logiche di sostenibilità, di conoscenza e di collaborazione per un progetto multitasking su breve, medio e lungo periodo

ARTE&SCIENZA
con una formula culturale innovativa ed originale trasformiamo la bellezza e la potenza comunicativa dell’Arte in Scienza vera e propria

MULTI LEVEL STRATEGY
per avvicinare alla materia un target trasversale e diversificato, coinvolgendo cittadini, giovani, istituzioni, enti ed aziende

INNOVAZIONE
per riaprire il dibattito sul significato dell’Energia con l’obiettivo di stimolare ricerche e progetti innovativi volti alla sostenibilità a 360° per un futuro migliore per tutti

CONNESSIONI
costruire un reticolato concreto e partecipato di relazioni e di interazioni fra tutti gli stakeholder del territorio di riferimento per raggiungere il miglior risultato possibile, su breve, medio e lungo periodo, con il minimo sforzo grazie alla collaborazione ed alla valorizzazione delle professionalità e delle competenze

VALORE AGGIUNTO
al territorio che ospita il progetto, potenziando i punti forti già esistenti e fortificando le opportunità ancora inespresse per generare una ricaduta economica locale ad ampio raggio

ELECTRICITAS 
semplicemente
È

- Installazione artistica in scala 1:1
- L’Arte diventa Scienza e viceversa
- Progetti didattici (strutturati ad hoc su diversi livelli di approfondimento)
- Un evento/performance che è anche esperimento scientifico
- Co progettazione eco-socio-culturale
- Video di approfondimento e di promozione
- Progetti editoriali di approfondimento e di divulgazione
- Dialoghi/Seminari/Convegni aperti dedicati all’Energia Libera
- Organizzazione condivisa, in concomitanza con altre realtà locali, di eventi collaterali a supporto ed integrazione dell’evento creando un ricco calendario a lunga scadenza
Management e coordinamento comunicazione on e off line
Realizzazione di uno spazio Web (statico e social) dedicato
Concorso fotografico, video e testuale
Creazione nuovi progetti sul territorio a partire dall’evento per innescare un circolo virtuoso che crei economia e coesione sociale
- Raccolta, analisi e discussione dati scientifici sull’Energia Libera 


and more...

Electricitas Step Closed

Step I – Closed
Pria 2013 – 9 GDA AMACI – Presentazione progetto, opera Dialogo con la Musa – Tavola Rotonda organizzata da Eunomica APC in collaborazione con Luciano Maciotta, dedicata alla Free Energy ed al ruolo attivo del consumatore per la scelta consapevole, con: Francesco Bernabei, Presidente Eunomica, Luciano Maciotta, artista e ingegnere, Daniele Basso, artista e designer, senatore Gianluca Susta

Step II – Closed I parte
Progettazione e realizzazione di un motore elettrostatico orizzontale su brevetto originale del 1870 di Poggendorff by Luciano Maciotta, già testato e funzionante 


Nuove sperimentazioni 



Electricitas Step Open

Working in Progess con il Comune di Veglio ed il Sindaco Marco Pichetto


#followus
#freeenergy
#art
#science
#socialeconomy








B. Saccagno

venerdì 12 settembre 2014

Intervista a Lucia Monjoj





Illustratrice, Artista


Intervista a Lucia Monjoi la bravissima illustratrice che ha dato corpo e volto alla nostra Eunomia.

Vorresti raccontaci in breve il mestiere dell'illustratrice?

«Con l’illustrazione si vuole creare un’immagine che abbia la finalità di rendere visivo e quindi reale un pensiero, un’idea o una situazione. Può essere solo un modo per arricchire un testo o per dargli forza e renderlo più efficace.L’illustratore o illustratrice hanno il compito di intuire quali siano le situazioni determinanti in un racconto, articolo di giornale o fiaba e rappresentarli nel modo più interessante e accattivante possibile.Ci sono diversi tipi di illustrazione, perché ogni cosa o pensiero sono rappresentabili; l’illustrazione pubblicitaria, quella a fumetti, per la scuola, per testi per adulti o per bambini.
L’illustrazione per bambini è la più realizzata perché offre un’infinita possibilità di stili ed espressioni.
Il mondo dei bambini è straordinariamente fantasioso ed evocativo e si presta a una totale libertà per noi illustratori».


Quando è scattata la molla che ti fa fatto capire che questa sarebbe stata la tua professione nella vita?

«Io personalmente non ho avuto un particolare momento in cui ho deciso per questa professione, ho sempre amato disegnare, da bambina passavo ore con matite e pennarelli in mano.
Dopo il Liceo Artistico si presentavano diverse possibilità e una difficile decisione: architettura, moda, grafica, gioiello, ma ho ritenuto il mondo dell’illustrazione il più affascinante e forse quello più lontano da un utilizzo concreto e decisamente commerciale del disegno, come negli altri indirizzi.
Ho sempre visto l’illustrazione come un’arte legata ad un mondo al di fuori della realtà, il mondo della fantasia e della creatività.
Amo molto la lettura e immaginare ciò che un testo può suggerire, anche questo ha contribuito decisamente alla mia scelta».

Come nasce l’ispirazione, che seguendo il tuo percorso creativo trasformi in segno e disegno?

«Questo dipende da ciò che ti viene richiesto di raffigurare, lavorando per gli editori ci si deve adattare alle diverse esigenze e richieste. Se si tratta di un racconto solitamente si è abbastanza liberi, se è un testo scolastico, ad esempio, si devono seguire indicazioni precise.
Nella produzione propria invece è diverso, si segue un’idea e si cerca di dargli forma.
È chiaro che più libertà si consente all’illustratore, più sarà in grado di esprimersi al meglio, troppi vincoli costringono a reprimere la propria personalità.
L’idea comunque parte sempre dal testo, è legata ad esso, motivo per cui l’illustratore è quasi sempre anche un grande lettore».

Ci delineeresti, da esperta, l'identikit dell'illustratore, quali sono le capacità e le 
conoscenze che deve avere per intraprendere oggi questa carriera professionale?

«Per poter fare questo lavoro è necessario avere innanzitutto una grande passione per il mondo delle immagini finalizzate ad un determinato messaggio; una grande tenacia, perché di questo lavoro molti non conoscono nemmeno l’esistenza; determinazione, le porte in faccia sono all’ordine del giorno e pazienza…, perché pochi capiscono ed apprezzano produzioni artistiche, infine una grande umiltà sempre: non sentirsi mai arrivati perché è solo così che si cresce e si migliora.
Per quanto riguarda la preparazione professionale, io personalmente ho seguito studi artistici: prima il Liceo Artistico di Novara, poi l’Istituto Europeo di Design a Milano, con specializzazione in “Illustrazione editoriale e pubblicitaria”.
Tali studi hanno costituito la mia formazione tecnica, mi hanno dato gli strumenti necessari per la conoscenza pratica di questo lavoro, anche se hanno rappresentato solo l’inizio di un esperienza in cui non si finisce mai di imparare.
È un lavoro che ci si costruisce giorno per giorno, anche osservando quello che fanno gli altri e quello che è stato fatto in passato.
Mostre e concorsi possono aiutare a conoscere e farsi conoscere».


Oggi è imprescindibile la conoscenza e l’utilizzo della strumentazione informatica per la grafica, il disegno e la produzione artistica, questo facilita enormemente il lavoro e, secondo il mio parere, a volte, livella molto il risultato a vantaggio di tutti ma a discapito della qualità tecnica e del talento legato alla grandissima capacità manuale di elaborare un’opera d’arte con le proprie mani.
Tu cosa ne pensi?

«L’utilizzo dei mezzi informatici oggi è presente in tutti i settori artistici, anche nell’illustrazione. Le possibilità che offrono questi strumenti sono infinite e molto interessanti, consentendo inoltre rapidità di esecuzione, possibilità di modifica, facilità di comunicazione.
Il lavoro è diventato più rapido, quindi più facile e accessibile a tutti.
Purtroppo molti giovani, pensando che il computer sia oggi il solo mezzo di comunicazione e produzione di immagini, saltano lo studio che riguarda la parte di esecuzione manuale, come il disegno e le tecniche pittoriche.
Questo è un grave errore, l’esperienza che ti consente di sviluppare la realizzazione di un’opera a mano è di fondamentale importanza: non si può, secondo me, disegnare a computer senza prima aver tenuto la matita in mano.
L’immagine digitale è uno sviluppo, un complemento e, se vogliamo, una crescita, che però deve aver fatto tutte le tappe.
Chi ama veramente l’arte dell’illustrazione non può non sentire la necessità di dare vita ad un’immagine partendo dal foglio bianco e utilizzando matite, pennelli, acquerelli, olio e quant’altro, è solo così che si sviluppa la personalità e ci si distingue gli uni dagli altri.
Secondo me, affrontare un’illustrazione realizzata a mano è più coraggioso e ti costringe ad uno sforzo creativo maggiore.
Io utilizzo molto il computer, però ultimamente mi è capitato di sentirmi richiedere lavori ad acquerello, segno che c’è un desiderio di tornare alla bellezza delle vecchie tradizioni, per questo motivo ho iniziato un progetto chiamato Scriptorium Graphicus: Alfredo Ghidelli, un mio collega graphic designer e docente accademico, realizza opere con il sistema della stampa tipografica a caratteri mobili, antica tradizione ormai scomparsa che trovo estremamente affascinante, il mio contributo è con disegni ad acquerello o comunque con tecniche miste a mano, l’utilizzo del computer è bandito!
Credo molto in questa iniziativa e sono fiduciosa che sarà apprezzata».

In un mondo virtuale, sempre più veloce, confuso e poco incline a sviluppare una memoria storica, quali sono, a tuo parere, i canali di comunicazione più efficaci per far conoscere la propria arte e per attivare realmente interscambi utili e duraturi?

«Creare, studiare, sperimentare sono cose interessanti e se vogliamo istintive, un completamento della personalità, imporle alla società richiede una capacità particolare di capire se quello che fai è quello che il pubblico vuole e la via giusta per diffonderlo oggi è molto difficile perché mezzi come internet veicolano tali e tante immagini e informazioni da disorientare chiunque.
Per questa ragione credo che sia utile utilizzare vecchi e nuovi sistemi di comunicazione, partecipare ad eventi, mostre, iniziative, oltre alla diffusione in rete.
Penso che internet abbia da una parte aiutato la comunicazione, ma anche creato una gran confusione, è difficile per chi non ha la conoscenza profonda di un settore riuscire a capire la differenza tra ciò che vale e ciò che illude.
Credo che i rapporti umani facciano la differenza se si vuole veramente farsi conoscere ed apprezzare, con i miei clienti ho sempre parlato e discusso, cosa che oggi è quasi completamente sostituita dalle email, affrontando inoltre sempre ogni singolo lavoro, anche il più piccolo, con grande serietà, dando sempre il massimo».

Collabori con importanti case editrici, conosci da addetta ai lavori il settore.
Oggi, parte dell’opinione pubblica e di esperti ritengono che il libro classico sia destinato a morire a breve a tutto vantaggio dell’e book, io personalmente credo, invece, che entrambi continueranno a coesistere perché appartengono a due mondi diversi ed a categorie di lettori molto differenti.
Qual è il tuo parere in merito?

«La penso anch’io così, l’e book può essere utile, pratico, magari per lo studio, la scuola, per quelle persone che vogliono muoversi e viaggiare con una biblioteca in valigia... ma il lettore di romanzi, racconti, magari illustrati, non può accontentarsi di uno schermo.
La piacevole sensazione che si prova a sfogliare un libro, l’odore della carta, la sua consistenza, la bellezza dei colori e l’espressività che si coglie nella differenziazione delle tecniche non si avrà mai a video.
Sono fiduciosa nell’affermare che il libro cartaceo non morirà mai, sarà solo possibile una scelta tra le due possibilità, forse le nuove generazioni saranno più portate a scegliere un e book, anche se mio figlio, 13 anni, ama leggere libri cartacei.
Sfido chiunque a leggere La ricerca del tempo perduto di Proust a video…
Aggiungo però che non sono contraria alle novità, l’e book può contribuire ad allargare il pubblico dei lettori, quindi ben venga».

In Italia chi lavora nel meraviglioso ed immenso mondo della Cultura si trova ad affrontare, per contro, un percorso per nulla facile.
Quali sono, secondo la tua personale esperienza, le difficoltà che si incontrano nell'intraprendere il tuo mestiere e quali, invece, le risorse ed i possibili vantaggi se si decide di rimanere a lavorare nel nostro paese?

«Le difficoltà sono molte, purtroppo nel nostro paese, in questo momento storico, non c’è una grande sensibilità per la cultura e per l’arte in genere.
Questo è dovuto a molti fattori, penso che la televisione abbia contribuito in gran parte ad abbassare il livello culturale generale con programmi spazzatura, con la semplificazione quasi primitiva della comunicazione in ogni settore.
Si tende a separare la cultura dal resto e considerarla appartenente ad un’élite, ciò è sbagliato e purtroppo l’esempio che viene dato dalle vecchie alle nuove generazioni non è positivo. La sensibilità per l’arte va coltivata sin dalla piccola età, i bambini sono molto ricettivi e attenti, ma il loro potenziale non viene colto che raramente.
È quindi difficile affermarsi nel nostro paese, anche se solitamente le capacità, il talento e la tenacia, fanno sì che possa diventare un traguardo possibile.
Se penso ad un possibile vantaggio nell’affrontare questo lavoro in Italia mi vengono in mente le tante, meravigliose opere d’arte che vi sono.
C’è un patrimonio artistico immenso che non può non alimentare la sensibilità e la fantasia di noi illustratori.
Paese quindi ricco di contraddizioni, bisogna essere capaci di cogliere ciò che vale».


Purtroppo in Italia l'Arte non ha una concreta attenzione ed un forte supporto da parte del Governo, che sembra non comprende mai appieno le sue enormi potenzialità a livello economico, sociale e culturale. Invece di potenziare il settore per creare un ROI reale: riduce progressivamente i fondi per l’arte, non si preoccupa di sviluppare una politica ed una legislazione ad hoc, a vantaggio non solo di un enorme comparto ma di tutto il Paese, riduce l’insegnamento, se non lo elimina del tutto, della materia nelle scuole, senza considerarne l’importanza per lo sviluppo della creatività e per l’apertura delle menti a 360°, lascia crollare e degradare patrimoni artistici senza confronti che sono il nostro vanto e che attirano milioni di visitatori e studiosi.
Tu sei un'artista e lavori nel mondo dell'arte, ne conosci luci ed ombre, vuoi fare un tuo personale appello per l'arte?

«La situazione che hai descritto purtroppo è reale e contrastarla è un’impresa titanica.
A me però non piace l’atteggiamento critico e pessimista, ritengo che una critica debba essere costruttiva e smuovere le coscienze.
Penso che si tratti di un atteggiamento autolesionista, la causa di questa inattività da parte del Governo e degli organi preposti è anche dovuto al quasi totale disinteresse della maggior parte della gente nei confronti dell’arte e della cultura.
Io stessa faccio spesso fatica a trovare persone disposte a prendere un treno per andare a vedere una mostra d’arte, o ad ascoltare un’opera lirica.
È quindi necessario alimentare la sensibilità artistica attraverso le scuole, con docenti in grado di appassionare, nel modo giusto, le giovani generazioni e far conoscere il mondo complesso ed affascinante dell’arte.
Pubblicizzare di più tutto ciò che è cultura anche attraverso i tanti mezzi di comunicazione presenti oggi nelle nostre vite.
Il nostro paese siamo noi a farlo: ognuno nel suo piccolo può contribuire alla rinascita culturale, comperando un libro, andando ad una mostra, preferendo una conferenza ad una pizzata con amici…
L’arte oltre ad essere un meraviglioso passatempo è un impegno.
Non posso immaginare cosa sarebbe la nostra vita senza ciò che ci regalano artisti, poeti, musicisti di oggi e del passato, fermarsi a contemplare un’opera d’arte è per me una delle esperienze più belle».










Barbara Saccagno

Eunomica Blog