C.T.A. Piemex
Vuoi scioglierci
l’acronimo C.T.A. e spiegarci in cosa consiste la tua professione?
«Uno dei tanti elementi di valore che risiede nel progetto Piemex.net è anche quello di avere creato nuove
figure professionali, completamente inedite nel panorama lavorativo. Da qui l’esigenza
di elaborare, mi si passi il termine, una vera e propria tassonomia dedicata
che consentisse di catalogare nuove realtà operative. Nella fattispecie CTA è acronimo di Community Trade Advisor che potrebbe essere
tradotto in “facilitatore di scambi territoriali” ma io sono più affezionato
alla definizione di “costruttore di comunità”. Si tratta di mettere in
relazione imprese locali, liberi professionisti, famiglie e operatori del terzo
settore stimolandoli a condividere valori e regole e ad adottare strumenti che
consentano loro di essere più forti e resilienti di fronte
all’aggressione economico sociale che quotidianamente siamo costretti a subire».
Piemex è un circuito
di credito commerciale, come funziona nella realtà un circuito di questo tipo?
«Partiamo da uno dei problemi: la mancanza
di liquidità, il denaro che non circola a sufficienza e che quindi non
consente la corretta dinamizzazione di scambi di beni e servizi.
Aziende che non riescono a lavorare a pieno regime, che
devono rinunciare a vendite per evitare rischio insoluti e conseguentemente
tagliano sui costi alimentando un circolo vizioso che rende sempre più scarsa
la massa monetaria circolante. In questo caso invece le aziende si fanno
credito reciprocamente perché in Piemex il credito
contabile diventa immediatamente monetizzabile e può essere speso per
acquisti aziendali e personali. Le aziende possono addirittura cominciare ad
acquistare prima di aver acquisito crediti e ripagare in seguito con vendite
aggiuntive a nuovi clienti.
In pratica si crea un mercato
complementare parallelo e aggiuntivo a quello tradizionale dove le
imprese trovano la possibilità di scambiare tra di loro i beni e i servizi che
il mercato “euro” non riesce ad assorbire. Il tutto attraverso una camera di compensazione (clearing
house) dove i rapporti di debito-credito si sommano algebricamente a somma
“zero”».
Piemex nasce dall’esperienza di Sardex, di cui è diretta emanazione, com’è
nato il progetto e come si sta sviluppando?
«Piemex è il Sardex in “bagna
cauda”. È una semplificazione un po’ cialtrona ma consente di trasferire in
maniera chiara il concetto che il progetto declinato sul territorio piemontese
riprende nella sua essenza gli aspetti fondanti che già risiedono
nell’iniziativa dei nostri fratelli maggiori isolani.
Nasce grazie all’intuito e la determinazione di alcuni
imprenditori torinesi che, appresa la volontà di Sardex di esportare il modello
in altre regioni, si sono resi disponibili a replicare l’esperienza sul
territorio piemontese. I risultati ci stanno dando ragione poiché l’interesse e
la curiosità verso un nuovo modo di ripensare il sistema economico è giorno
dopo giorno crescente».
In Italia è difficile modificare
abitudini consolidate anche se nel cambio si trarrebbero innumerevoli vantaggi.
Non è facile, proprio per il
contesto culturale di riferimento, far comprendere agli imprenditori stessi che
un circuito di credito come Piemex aumenta le potenzialità e le disponibilità
economiche, grazie ad un meccanismo molto semplice, dando nuovo ossigeno alla
propria attività senza dover ricorrere ai tradizionali sistemi finanziari.
Quali sono i vantaggi per
un’impresa che sceglie Piemex?
«La difficoltà maggiore consiste nel trovare imprenditori
disposti ad aprirsi alla comprensione del progetto. Coloro che si avvicinano
senza preconcetti o eccessive diffidenze invece ravvisano immediatamente le
potenzialità di un progetto che consente per esempio di liberare liquidità, ottenere fatturato
aggiuntivo, diminuire la propria esposizione
bancaria, migliorare il cash flow aziendale e azzerare i
tempi di pagamento. Inoltre nel mercato Piemex si creano relazioni e connessioni che generano valore sociale e culturale».
La crisi contingente sta
paralizzando il paese. C’è bisogno di rivedere i modelli e di cambiare il
sistema socio economico e culturale attuale se si vuole progettare un futuro migliore
e più sostenibile.
I circuiti di credito e le
monete alternative sono sicuramente strumenti interessanti per rimettere in
circolo il capitale e le risorse.
Eppure, nonostante siano perfettamente
legali e funzionino benissimo, c’è ancora una sorta di diffidenza verso questi
sistemi, sebbene, in realtà siano pratiche antiche ed assodate, anche se
riviste in chiave moderna. Dovrebbe
essere chiaro e noto a tutti come funzionano, invece non è così.
Quali sono le principali
diffidenze ed i dubbi che sono più diffusi - spesso dettati dalla “non conoscenza”
- circa monete alternative e circuiti di credito, stando alla tua esperienza
diretta e quotidiana sul campo?
«Dici bene: la “non
conoscenza”. Viviamo in un sistema che ci porta a dubitare di tutto ciò che
non è veicolato dall’informazione generalista. Però cominciano ad esserci
sempre più persone che si informano attraverso canali alternativi e questo
consente loro di acquisire conoscenza e maggiore consapevolezza.
Il nostro compito è intercettare queste figure e partendo da
loro creare un effetto emulazione in chi ancora oggi resta alla finestra.
Ti posso assicurare che accanto ai tanti imprenditori che
trattano il progetto con sufficienza o
“ascoltano” con malcelata sopportazione ce ne sono altri a cui brillano
gli occhi e sembra ti dicano che non aspettavano altro!».
Quali sono, secondo
te, eventuali elementi di miglioramento del sistema Piemex, per renderlo ancora
più funzionale e per aumentarne valore e potenzialità?
«Noi stiamo seguendo il percorso fatto in Sardegna, con il
supporto e la conoscenza di chi ha già vissuto l’esperienza fin dall’inizio. I
miglioramenti sono insiti nel percorso di crescita.
È evidente che con l’incremento della piattaforma di aziende
presenti nel circuito si moltiplicano benefici e potenzialità e conseguentemente
ci si potrà dotare di ulteriori strumenti operativi che potranno rendere il
modello sempre più efficiente.».
Questa lunga crisi ha fiaccato
fiducia, risorse e spirito, però, sembra che in questo ultimo periodo qualche
cosa stia cambiando e ci sia un ritorno alla concretezza ed alla voglia di
unire le forze per creare e crescere insieme, cambiando le visioni.
Incontrando ogni giorno
imprenditori, in territori diversi, vedi anche tu margini di cambiamento oppure
le cose nella realtà sono diverse?
«Ti confermo che c’è la voglia e il desiderio di partecipare a qualcosa di
nuovo e diverso.
Si tratta solo di individuare modi e strumenti.
Piemex offre una risposta a questa esigenza».
Vuoi darci la tua
personale definizione di “economia”?
«Bella domanda. Credo che risalire alle radici etimologiche della
parola aiuti a comprendere, per esempio, che “le regole della casa” hanno poco a che fare con grafici, equazioni matematiche
ed indici di borsa.
Penso che ci sia stato un tentativo, riuscito, di
espropriare il cittadino comune della facoltà di comprendere i meccanismi
economici rendendoli ostici e complicati e quindi alimentando in ciascuno di
noi l’intenzione di delegare ad altri il compito di entrare nei meandri di
questa materia che si è voluta far percepire come complicatissima e
inavvicinabile.
In realtà l’economia ha molto più a che vedere
con i rapporti sociali, è filosofia, storia, geografia… cosa dici, si
potrebbe sintetizzare ne “i conti della serva”?».
Cos’è una “moneta” e
quale valore reale, intrinseco ed estrinseco, ha, o dovrebbe avere, in un
contesto socio economico e culturale sano?
«Attenzione!
Stiamo parlando di un dogma
e ovviamente io ne ho una visione “eretica”…
Ho messo nero su bianco una riflessione che titola: “La
moneta buona si ispira alla natura” che, per chi vuole, è disponibile sulla
mia pagina FB. Alla moneta universalmente vengono attribuite tre funzioni: mezzo di scambio, unità di conto, riserva di
valore. Basterebbe
sostituire la parola “riserva” con “misura” e buona parte dei nostri problemi
sarebbe risolta.
Inoltre dovrebbe essere sempre disponibile, non emessa a
debito e soprattutto non gravata da interesse. Può chiamarsi Euro,
Lira o Sesterzio ma se non risulta chiaro a tutti che il vero valore risiede
nella nostra capacità di produrre beni e servizi continueremo a subire
passivamente le scelte di chi detiene il monopolio della moneta
tradizionalmente intesa».
B. Saccagno
Grazie a coloro che hanno ripostato la ns intervista!
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