Cari Eunomici come prima novità dell'anno siamo lieti di informarvi che Eunomica è parte di Scec Piemonte.
Un passo importante per una buona economia!
.
Se volete qualche approfondimento sullo Sconto Che Cammina
http://www.scecpiemonte.it/
http://scecservice.org/site/index.htm
https://www.youtube.com/watch?v=j1LK-xtLHTE
http://eunomicaapc.blogspot.it/2015/09/intervista-ad-alberto-gallo.html
mercoledì 23 dicembre 2015
lunedì 21 dicembre 2015
Auguri Eunomici
Carissimi Eunomici,
anche quest'anno complesso volge al termine, siamo alle solite, arriva dicembre e si fanno stime, analisi, valutazioni per formulare al meglio impegni, propositi, progetti e sogni per l'anno che verrà...
Noi abbiamo deciso di non fare bilanci, ma possiamo dirvi che abbiamo avuto un 2015 intenso, abbiamo "seminato" idee e progetti che speriamo possano crescere in maniera equilibrata da gennaio prossimo venturo.
Non ci dilunghiamo in lunghi discorsi, quindi...
Vogliamo augurare a voi tutti un 2016 all'insegna dell'Eunomia, certi che potremo davvero incamminarci sul sentiero che porta al cambiamento in positivo, proseguendo con fiducia su questa via.
Auguri!
anche quest'anno complesso volge al termine, siamo alle solite, arriva dicembre e si fanno stime, analisi, valutazioni per formulare al meglio impegni, propositi, progetti e sogni per l'anno che verrà...
Noi abbiamo deciso di non fare bilanci, ma possiamo dirvi che abbiamo avuto un 2015 intenso, abbiamo "seminato" idee e progetti che speriamo possano crescere in maniera equilibrata da gennaio prossimo venturo.
Non ci dilunghiamo in lunghi discorsi, quindi...
Vogliamo augurare a voi tutti un 2016 all'insegna dell'Eunomia, certi che potremo davvero incamminarci sul sentiero che porta al cambiamento in positivo, proseguendo con fiducia su questa via.
Auguri!
giovedì 17 dicembre 2015
Electricitas, Step III
Un nuovo step per Electricitas: Luciano Maciotta ha fatto un altro passo sperimentale lungo il cammino di realizzazione della performance artistica.
Allineandosi alle intenzioni del progetto Electricitas l'artista ha ripreso il filo interrotto della ricerca pura e semplice, di quel senso della scoperta che avviene testando autopticamente le proprie teorie ed idee, andando a sperimentare in prima persona, nei propri studi, con materiali costruiti da sé; questo era per gli eruditi il primo vero passo di conoscenza empirica e pratica che si avviava dopo studi preliminari ed ipotesi a tavolino e prima di presentarlo alla comunità.
Così, in una giornata di questa caldo ed atipico inverno Luciano Maciotta ha provato a lanciare un piccolo pallone per captare l'energia in aria e collegarlo al motore elettrostatico da lui costruito (cui vi abbiamo già qualche tempo fa
Volete sapere com'è andata?
Eppur si muove...
Straordinario!
lunedì 2 novembre 2015
Eunomica a Bona Up! La scuola delle imprese
Eunomica a:
IL BONA, LA SCUOLA DELLE IMPRESE
L'Istituto Commerciale Eugenio Bona per il suo 102° anniversario propone la
terza edizione dedicata alle Start Up
Bona Up!
LA SCUOLA DELLE IMPRESE
Mercoledì 4 novembre 2015 - 08-30 - 15.00
Giornata finalizzata a promuovere la creatività e l'imprenditorialità tra gli
allievi delle classi quarte e quinte dell'Istituto attraverso l'incontro con
le start - up avviate da imprenditori prevalentemente under 35.
Le start - up verranno presentate da organizzazioni pubbliche e private che
in Piemonte si occupano di favorire l'iniziativa imprenditoriale e diffondere
la cultura d'impresa: Provincia di Biella, Camera di Commercio di Biella,
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Biella, GAL
Montagne Biellesi, UIB Gruppo Giovani Imprenditori, Confcooperative, CNA, API
Biella, Banca Sella/Sella Lab, Intesa San Paolo, PerMicro, Noi del Bona,
Coworking StArtwork Cittadellarte, Pace e Futuro, Piemex, Scec, EITW
Microcredito, Finanzagevolata.net, Eunomica.
Ci saranno anche lezioni specialistica con Carla Fiorio, Debora Ferrero e
Mario Rovetti.
venerdì 2 ottobre 2015
Riso in Terra di Castagne 14 ottobre 2015
Anche Eunomica alla festa di chiusura del Museo Laboratorio del Mortigliengo con la conferenza Agricoltura Residuale, esempio pratico con Riso Giglio, non mancate!
Come ogni anno si rinnova l’atteso appuntamento della Festadi Chiusura del Museo Laboratorio del Mortigliengo che si tiene la terza
domenica di ottobre, dove per un giorno tornano in vita le attività economiche
della tradizione locale che incantano grandi e bambini: olio di noci, aceto di
mele e tessitura della canapa. Quest’edizione sarà arricchita da un piacevole incontro
tra riso e castagne.
L’appuntamento di chiusura della stagione estiva del Museo
del Mortigliengo è un evento che ogni anno attira nella frazione Mino del
Comune di Mezzana una folla di golosi, di amanti della cultura, della
tradizione e di bimbi che per un giorno possono vedere in moto il frantoio per
la produzione dell’olio di noci, prezioso e gustoso condimento che arricchisce
in modo sano i nostri piatti, il torchio per
l’aceto di mele, attività economica tipica del Mortigliengo ed imparare
come si tesse la canapa, rude tessuto che ha vestito ed arredato le case dei
nostri nonni sin ancora alla metà del secolo scorso.
Domenica 18 ottobre, dal primo pomeriggio, il Museo si
animerà con la messa in funzione dei macchinari, sapientemente azionati dai
volontari dell’Associazione Murceng, che un tempo erano parte della vita
quotidiana della piccola frazione di Mino e per la gioia dei bambini ci saranno
dei laboratori gratuiti a loro dedicati, “Tessi la tela e Spremi la Mela”,
mentre gli adulti potranno visitare il museo e curiosare fra le bancarelle dei
produttori locali per degustare e scoprire sapori di un tempo.
Quest’anno la formula tradizionale si arricchisce con un
incontro fra riso e castagne, per riportare l’attenzione sull’importanza e sul
valore alimentare che questi due prodotti avevano nell’economia di scambio fra
pianura e monti; nel tardo pomeriggio ci sarà una conferenza gratuita dedicata
all’Agricoltura Residuale del Riso giglio, dove Francesco Bernabei, presidente
di Eunomica APC, racconterà un’esperienza reale dedicata alla coltivazione del
riso secondo un metodo a minimo impatto ambientale ed energetico.
A seguire si potrà degustare un piatto di
Panissa vercellese preparato dal Gruppo “Amici della Panissa” di Albano
Vercellese, per chiudere in bellezza un pomeriggio di divertimento, gusto e cultura
alle porte dell’autunno.
La festa sarà un gioioso tuffo nel nostro passato prossimo
che ci permetterà di tornare tutti bambini e di riaprire la scatola dei
ricordi, per scoprire e riscoprire la nostra tradizione in uno splendido
contesto che ci riporterà indietro nel tempo con incanto e meraviglia.
Domenica 18 0ttobre dalle ore 14.30
Museo del Mortigliengo
Fraz. Mino – Mezzana Mortigliengo
martedì 15 settembre 2015
Intervista ad Alberto Gallo
Presidente dell'Associazione Arcipelago Piemonte
e CTA presso piemex.net/
Cos’è e
come funziona lo SCEC?
«Buongiorno Barbara, e grazie per l'invito a
parlare di questo strumento.
Cercherò volentieri di dare qualche indicazione
utile, convinto come sono che è sempre più importante riflettere su alcuni concetti chiave
come quello del denaro, ma anche e soprattutto sul concetto di valore.
Troppo spesso infatti ho notato che,
parallelamente a discettazioni più o meno corrette sul funzionamento del
denaro, si affiancano proposte a mio avviso dal respiro corto, nel senso che si
occupano di trovare modi alternativi per immetter semplicemente nuovo denaro
nel sistema, attualmente asfittico. Le conseguenze di un approccio così inteso
rischiano di essere inaspettate dagli stessi promotori: si rischia, in estrema
sintesi, di fornire una stampella a un capitalismo che dovrebbe viceversa esser
lasciato morire di morte naturale, o meglio riformato dalla radice, a partire
dal concetto di valore.
In questo panorama così variegato, che parte
dalla critica all'attuale sistema socio-economico, i progetti delle cosiddette “monete sociali” (termine che vuole escludere le monete
complementari/alternative/locali di pura vocazione di business), si staglia con nettezza il progetto di Arcipelago Scec, proprio per un'intuizione valoriale che discosta di molto da
altre iniziative.
In estrema sintesi, lo Scec è il simbolo di un accordo tra persone, associazioni,
aziende, enti locali e istituzioni in generale, che si accordano appunto
per utilizzare lo Scec (una sorta di “unità di misurazione di valore”
ad adesione volontaria) per agevolare degli
scambi economici e sociali che promuovono un nuovo
modello di sviluppo, che non è inteso come crescita nella produzione di
beni, ma come crescita
della convivialità per dirla con Ivan Illich, precursore di ragionamenti fondanti la
recente convergenza attorno all'apparentemente tautologico concetto del “buen vivir”.
Lo Scec viene emesso a
livello nazionale da un'associazione senza scopo di
lucro (Ass.
Culturale Arcipelago Scec), che è articolata a sua volta in varie
associazioni regionali, per avvicinarsi alle reali condizioni di sviluppo del
circuito.
Cosa vuol dire emesso?
Vuol dire che esattamente come il denaro, è
messo in circolazione per agevolare gli scambi. Solo, il meccanismo di
emissione è antitetico al meccanismo usato dal denaro, e anziché esser
addebitato alla comunità che lo utilizza (come succede per euro, dollaro e via
dicendo), lo Scec
viene al contrario accreditato, o emesso a fronte di prestazioni con un valore
sociale riconosciuto.
Se il debito (moneta a corso
forzoso-obbligatorio) crea sfiducia, e le sue conseguenze (la coperta che si fa
sempre più corta, per sintetizzare) creano competizione, il credito
viceversa (così come la volontarietà rispetto all'obbligatorietà) crea fiducia e
collaborazione.
Accettare lo Scec
vuol dire far
parte di un patto sociale che ha queste premesse, per cui il suo
sviluppo potrebbe portare alla valorizzazione di alcune pratiche come il
volontariato e i suoi connessi valori, così
come la fiducia e la solidarietà
in senso lato.
La portata culturale
di questo progetto è enorme, perchè è un ponte
verso l'economia
del dono, che si concreta quando “vesto” il denaro di
un patto sociale diverso. Invece che “sterco
del demonio”, il denaro può diventare strumento utile a svilupparci ma sul
serio: non quindi uno strumento per costruire più macchine del nostro vicino,
ma uno strumento per evolverci umanamente.
Lo Scec, una volta messo in circolazione, viene
utilizzato per “misurare” lo sconto (fino ad un max del 30%) che le aziende o
professionisti con p.iva vogliono riconoscere agli aderenti allo Scec. Lo sconto
così viene pagato in Scec e risulta fuori dall'imponibile (essendo un buono sconto
fiscalmente riconosciuto come tale), così l'esercente
che ha fatto gli sconti non ha perso potere d'acquisto (nel caso in cui
riesca a rispendere gli Scec nel circuito) e
anzi ha abbassato l'imponibile per ogni singola unità venduta.
C'è da dire anche, però, che con una politica
di sconto così impostata, anche nuovi clienti vengono
attirati (perchè potranno pagare una parte del prezzo in Scec, che gli son stati regalati, o che hanno
guadagnato con un'azione virtuosa), quindi il gettito
fiscale complessivo aumenterebbe addirittura, con buona pace di quelli
che per partito preso si propongono di difendere il sistema esistente
nonostante le evidenti assurdità che comporta. Non apro certo qui il tema
fiscale...ma ho fatto questo esempio solo per indicare che il realismo che si ferma fino alla punta del naso, è più pericoloso
della cecità totale, per dirla con Dostoevskji.
Gli Scec possono anche esser usati
al 100% quando l'accettatore non esercita l'attività con una p.iva associata: si aprono quindi gli
spazi per incentivare lo scambio di beni usati (o riparati!), o per dare luogo
a scambi di prestazioni lavorative che siano più variegate di quanto
normalmente può esser possibile con le BdT (banche del tempo), dove per principio
fondante ogni ora di lavoro vale quanto qualunque altra (tagliando però fuori
chi ancora non ha raggiunto tale livello di illuminazione...soprattutto se
appartenente a mestieri per cui una grande preparazione o responsabilità rende
giustificabile un maggior costo orario).
Anche come innesco di
una nuova attività, o per agevolare
soprattutto le associazioni nello svolgere le
loro attività (già in linea con la visione promossa da Arcipelago
Scec) lo Scec potrebbe svolgere un ruolo cruciale. Tutto questo, a patto che si venga a
conoscere lo strumento e la visione, e che ognuno se
ne faccia ambasciatore in prima persona!».
Dacci una
tua personale definizione di “costruttore del nuovo”
«Cavolo...non l'ho formulata io, ma la
sottoscrivo in pieno.
L’economia del dono viene spesso sottostimata perché misura
un valore che si svincola dal sistema finanziario in atto, perché misura
qualcosa che non può essere calcolato secondo le regole vigenti poiché non
genera reddito e ricchezza, eppure nella realtà sono valori fondamentali per lo
sviluppo e la sopravvivenza di ogni contesto sociale. Di fatto ogni comunità,
in scala micro e macro, si basa proprio su questa silente economia per
continuare ad esistere, basti pensare, ad esempio, al valore tempo che ogni
individuo mette a disposizione nelle sue connessioni quotidiane e che, al
contempo, riceve in cambio. Possiamo
misurarlo dandogli un giusto valore?
Possiamo definirlo un gesto economico che apporta benefici,
che produce qualcosa, che aumenta il potenziale esistente?
Qual è il tuo pensiero in merito all’economia del dono?
«Mi
scuso in anticipo per non riuscire a condensare in una risposta il mio
pensiero...ma proverò un'operazione di sintesi.
Con la tua
domanda hai centrato in pieno gli aspetti che rendono difficile concepire
alcuni aspetti della vita quotidiana come portatori di valori economicamente
intesi come tali.
La
misurabilità ha ipso facto a che
vedere con il concetto di quantità, mentre i valori dell'economia del dono sono senza dubbio incentrati
sull'aspetto qualitativo del valore. A questo
proposito, vorrei ricordare in breve cosa è successo all'utopia di Keynes
sulla capacità di redenzione del capitalismo: nel
1928 davanti ad una platea di studenti l'illustre economista dipinse i contorni
della sua personale utopia riguardante il capitalismo. Sosteneva infatti che il
capitalismo fosse necessario come “fase transitoria” per incanalare le
degenerazioni umane in funzione di una produzione efficiente di prodotti e
servizi (la vecchia idea di Smith e poi Mandeville,
di vizio privato come pubblica virtù). Nel giro di 100 anni l'aumento di
produttività avrebbe donato all'umanità la possibilità di vivere in pace, riducendo
in modo sostanzioso il tempo dedicato all'attività lavorativa. Le previsioni di
Keynes sulla produttività si sono avverate...ma l'uomo non è stato in grado di
saziare il suo appetito con i beni a sua disposizione, poiché al di là dei beni
“necessari” ad una vita dignitosa si affiancarono ben presto, per poi prendere
il sopravvento, i beni “posizionali”, il cui senso è legato indissolubilmente
ad un'idea di supremazia su altre persone. Succede così che beni “di moda”
(desiderati perché altri ce li hanno), “snob”
(desiderati perché altri non li hanno) e dei beni “Veblen”
(la cui funzione è quella di esser una sorta di “pubblicità” della ricchezza,
perché valutati in base al loro costo prima di tutto) hanno reso impossibile
sostenere una crescita in termini di benessere che accompagnasse una crescita
produttiva.
È successo
invece l'opposto, e non si vede come la situazione potrebbe cambiare, anzi la
spirale degenerativa è già ben evidente: se traiamo soddisfazione da una posizione
di superiorità invece che da una sensazione di appartenenza e condivisione,
siamo destinati ad avere eterne frustrazioni come specie umana. Solo un cambio paradigmatico che porti alla luce i valori più
“sottili” e meno grossolani può invertire la tendenza.
L'economia del dono in particolare è strettamente legata al tema
delle monete sociali, perchè implica l'instaurazione di un rapporto fiduciario, che è lo stesso che permette all'economia del dono di funzionare, di
fatto avvicinando l'umanità a quell'utopia che è alla base della migliore
letteratura anarchica: l'uomo svincolato da obblighi che per spirito di amore
verso il suo prossimo libera finalmente la sua parte spirituale (se mi si
consente il termine) per completare un'evoluzione che sempre più appare urgente non più in
termini di crescita materiale, quanto di crescita interiore.
Sciolto il
patto faustiano del capitalismo (che
in Goethe,
in piena rivoluzione industriale ha un lieto fine, ovvero l'anima di Faust
che va in paradiso per le buone intenzioni, mentre posteriormente, dopo la
seconda guerra mondiale con Mann finisce per impazzire, ovvero la versione
laica dello status infernale), l'uomo che vive secondo l'economia del dono
può ambire a stringere un patto con la sua parte celeste, dove non ci sono
contraddizioni tra mezzi e fini.
Quanto appena
scritto credo possa far intuire quanto sia difficile il passaggio cui stiamo
tendendo, ma al contempo può mitigare la paura di non trovare un “giusto
corrispettivo” per attività che per loro natura hanno poca vocazione a esser
quantificate dunque paragonate. Ciononostante, soprattutto in una
fase di transizione verso questo modello credo sia di importanza capitale
creare modelli di riferimento trasparenti innanzitutto, per raccogliere e
modellare il nuovo sistema a seconda del valore percepito dalla comunità di
riferimento».
La crisi
ormai cronica che attanaglia il mondo in generale e l’asfissia auto generata
del mercato, paralizzato per la mancanza di fiducia che frena la circolazione
di denaro, ma anche di idee e di sfide da intraprendere, ci ha spinti a
ricercare nuovi sistemi alternativi che possano muoversi in parallelo cercando
di cambiare i paradigmi finanziari attuali rimettendo al centro il capitale
umano quale punto imprescindibile di partenza per ripartire ricostruendo
un’economia capace di misurare il valore in modo equo. Le monete complementari
e Arcipelago Scec sono parte di questa evoluzione, tu ne sei profondo
conoscitore e parte attiva, per cui hai il polso della situazione, puoi dirci a
che punto stiamo oggi?
«Ehm...no.
Intendiamoci,
quello che intendo è che la quantità di variabili è tale da rendere pretenziosa
a mio avviso qualunque previsione sull'evoluzione di questi strumenti. È
possibile tracciare vari scenari, ordinati per probabilità, ma sono certo che
questa classificazione per ordine di probabilità potrebbe trovare innumerevoli
discordanze.
Ora che ho
scansato il ruolo di Cassandra, dico
la mia senza pretendere di aver l'ultima parola: l'uomo si muove per
soddisfare delle necessità, e le necessità più tradite in questo periodo
storico (almeno nel nostro mondo occidentale) sono quelle rappresentate da
valori “umani” e non materiali.
Da qui, il mio ottimismo
sull'evoluzione di queste dinamiche, che sono in grado di ristabilire un certo
equilibrio tra necessità “de panza” e
quelle “de core”.
Ora si assiste
ad un gran fermento, e anche a livello istituzionale ci sono certe aperture,
anche se ristrette a progetti meno destabilizzanti di quanto può esser Arcipelago Scec.
Guardo con
interesse anche l'esperimento di Faircoop,
che vorrebbe creare una piattaforma cui tutta l'economia anticapitalista
mondiale possa convergere e creare valori in grado di sovvertire gli equilibri
(precari a dir poco) attuali, anche grazie ad una criptomoneta (Faircoin) che sembra poter eliminare o quanto
meno mitigare gli aspetti più contraddittori di Bitcoin e compagnia cantante.
L'Europa e
l'Italia in particolare sono in una posizione privilegiata per esprimere con
forza alternative percorribili, il cui successo è legato a filo doppio alla
capacità che avremo di unire i mille rivoli del cambiamento in una direzione
coordinata. Ed il
coordinamento passa attraverso il patto sociale necessario a una nuova
fattispecie monetaria, in grado di promuovere quanto sopra».
È quasi
sintomatico che quando si parla di gratuità, solidarietà sociale, scambio e
persino di fiducia ci sia un atteggiamento iniziale piuttosto diffidente,
sovente anche da parte di coloro che più dovrebbero afferrare il concetto,
probabilmente molto è dovuto ad una forma mentis che ci è stata inculcata e che
ci porta a temere qualsiasi cosa esca dai binari che ci propongono come gli
unici possibili. Tutto quello che è semplice, logico e di fatto parte della
nostra storia umana oggi ci sembra lontano ed inattuabile, siamo sempre tentati
di primo acchito di chiuderci in difesa, evitando di conoscere. Altre volte, una sorta di chiusura arriva
anche da chi propone la condivisione e lo scambio per cambiare il sistema verso
chi “non vuole capire”, questo però lascia di fatto dei vuoti che si dovrebbero
cercare di colmare, perché acculturare è un passo fondamentale per cambiare.
Avendo tu una lunga esperienza, qual è la tua personale ricetta per riportare
la fiducia al centro dei rapporti sociali che comprendono ovviamente anche
quelli economici e culturali?
«Hai
toccato un altro punto cruciale. Un vero e proprio nodo
gordiano in realtà, che necessita di un
taglio netto con quanto abbiamo appreso, per approdare ad una dimensione nuova, e non semplicemente un nuovo vestito
su un corpo malandato.
E' altrettanto
vero che un atteggiamento prometeico
o giudicante ostacola questo passaggio, per cui credo che il processo ideale
sia quello intrapreso dal gruppo de Italia Che Cambia: i ragazzi che hanno iniziato a mappare le realtà del
cambiamento in Italia e che ora, caso più unico che raro, hanno guadagnato il
rispetto e la credibilità da ogni realtà che hanno toccato.
Come hanno
fatto?
Beh, innanzitutto
hanno
iniziato riconoscendo il buono che c'era nelle realtà esistenti. Questo ha permesso di instaurare un dialogo, che altrimenti sarebbe stato compromesso.
Riuscire a empatizzare con i nostri interlocutori è
fondamentale, per cui suggerirei semplicemente di agire in gruppo per quanto possibile, adottando sistematicamente
processi di facilitazione per agevolare una comprensione più profonda, e
soprattutto perseguire una creazione di reti di supporto che partano dalle
associazioni di persone, e da reti già esistenti di persone che si conoscono e
si stimano.
La fiducia si instaura con l'empatia e non con il giudizio, ma la nostra mente raziocinante, il nostro emisfero
cerebrale sinistro (e maschile...) che è sovra-sollecitato non ha gli
strumenti per uscire da questo vicolo cieco.
In pratica,
c'è bisogno di dare respiro al nostro emisfero
cerebrale destro, emotivo e femminile, capace di intuito e di connessioni
profonde. Anche il linguaggio non è adatto a questo (in queste risposte ho spesso parlato di “uomo” per intendere “umanità”,
per esempio..), ma se è vero che siamo entrati in una fase di cambiamento
astronomico, chissà che non possiamo aprirci anche a questa spaventosissima
possibilità: abbandonare l'approccio rapace e predatore tipico di una mente
calcolatrice e adottare l'approccio amorevole e di condivisione che fa pur
sempre parte di noi, anche se a fatica riusciamo a immaginarcelo come capace di
soppiantare il modello esistente.
Ma tornando ai
ragazzi de Italia Che Cambia, che
cosa hanno fatto loro?
Hanno
introdotto concetti (maschio) o ricevuto stimoli (femmina)? “La seconda che hai detto” direbbe Guzzanti...».
Quali
sono secondo te i punti più deboli da sviluppare in Arcipelago Scec per
potenziarlo e per migliorare la sua diffusione concreta?
«Credo
di averli nominati in ordine sparso sopra, ma li riporto qui per comodità:
bisognerebbe innanzitutto riuscire a coinvolgere
le associazioni, prima di
tutto conoscendole e apprezzandone lo sforzo, per poi semplicemente offrir loro
la possibilità di adottare uno strumento nuovo nella loro progettazione, che
permetta loro di perseguire con più efficacia e coerenza i loro fini sociali.
A cascata, con
una maggior partecipazione, crescerebbe
anche l'efficacia nella gestione dello strumento stesso, e ci scommetto anche
nuove possibilità di utilizzare lo Scec
in contesti che magari ancora non abbiamo immaginato.
A livello
personale, gli attivisti di Arcipelago
Scec vorrei sapessero adottare il sopra citato approccio
femminile, anzi materno. Senza di questo sennò come
può nascere qualcosa?».
Tu hai
conoscenza diretta dei sistemi di economia sociale dell’America Latina, dove
sicuramente le condizioni di vita e le risorse sono certo meno “ricche” delle
nostre economie occidentali, quali sono le differenze fra il nostro pensiero ed
il loro e cosa dovremmo imparare dal loro esempio per riuscire finalmente ad
uscire dallo stallo economico che prima di tutto è mentale?
«La dimensione comunitaria sembra esser più vicina a chi
non vive nell'abbondanza materiale.
Lo stesso Kropotkin scriveva le sue
pagine più alte avendo davanti a sé una società la cui povertà di mezzi rendeva
quasi inevitabile una collaborazione, pena la morte.
Quello che ho
visto con nettezza è che si riesce in quei contesti a ridimensionare l'ego ipertrofico che inquina la nostra
società, che è fondamentalmente individualista.
La dimensione comunitaria assume un valore superiore, che
sublima in qualche modo gli sforzi individuali, armonizzandoli.
La nostra società
viceversa sembra un'orchestra di virtuosi musicanti...che però suonando senza
ascoltare gli altri creano cacofonia e
frustrazione per i risultati che ben lungi dal sommare le singole capacità
sembrano vanificare degli sforzi individuali notevoli.
Mi piace pensare alla permacultura nei termini più radicali, e per progettare una società secondo le indicazioni che ha dato questa
nuova branca di studi, è essenziale utilizzare al meglio le energie a
disposizione.
Dunque, è ora
di prendere atto di questa semplice constatazione: chi fa da sé...si sta
masturbando».
Quanta
diseconomia di scala c’è in quello che noi pensiamo economico?
«Rispondo
con un'immagine.
In fondo,
riassume abbastanza bene il fatto che il nostro concetto di “efficienza
economica” è ben distante dall'effetto “a cascata” che ci si ostina a indicare
come risolutivo.
In termini più
generali poi, la discussione potrebbe esser fuorviante, perchè dovremmo
analizzare la gestione delle risorse per rispondere adeguatamente a questa
domanda, ma per non cascare in ragionamenti utilitaristici mi limito ad
indicare che una
società così disuguale non può esser né pacifica né improntata al “buen vivir”.
Neppure per quei pochi in condizione di ricchezza, che al contrario di quanto si possa pensare sono ben lungi dal poter
stare rilassati nel loro benessere materiale, costantemente minacciato da chi
compete per rubargli un posto
al sole». Immagine tratta da Illustrazione
1:
Fonte: http://utopiarazionale.blogspot.it/2014/08/tra-inquinamento-guerre-fame.html
Barbara Saccagno
martedì 7 luglio 2015
Electricitas ha ottenuto il patrocinio della Regione Piemonte
&
Luciano Maciotta
in patnership con
Per il progetto
ELECTRICITAS
hanno ottenuto
il patrocinio della
il patrocinio della
che si aggiunge a quello di
e
Ringraziamo il Piemonte, terra di sognatori...
martedì 30 giugno 2015
The usefulness of fetal cells to cure Parkinson´s disease
La grande sfida di questi tempi è trovare il modo per
intervenire e curare le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o il
Parkinson. I clinical trial deludono, molto probabilmente per una tardiva
diagnosi della malattia, che si manifesta con una ventina di anni in anticipo
sulla diagnosi rimanendo però asintomatica.
Un’alternativa al trattamento
farmacologico potrebbe essere quello di usare infusione di cellule nel cervello,
quindi una nuova strada potrebbe essere percorsa.
Purtroppo la soluzione è però
ancora lontana.
Parkinson’s disease (PD) is a neurodegenerative
disorder a. resulting from the depletion of dopamine-producing cells in the area of the brain called substantia nigra.
The progression of the disease foresees
the arising of characteristic symptoms as tremors, muscle rigidity, sleep
disturbances, bradykinesia, then it leads to cognitive decline and, in the
final stages, to dementia.
Around 28 years ago in Sweden a pioneering treatment involved the
injection of fetal brain cells into the brain of PD patients.
Two trials in the
US reported that there were no benefits from this procedure within the two
first years following the injections, so the procedure was abandoned.
Actually
the patients improved dramatically their cognitive functions, but long time
after the trials ended, around three or more years after the implants.
The
reason is that it may take several years for fetal cells to create connections
with the resident cells in the brain.
Only when the connections are created,
the implanted cells can start releasing the dopamine, which is the neurotransmitter
whose low level is responsible of the symptoms in PD.
Since the improvements
were not noticed, the idea of injecting fetal brain cells was not pursued until
now when at the Addenbrooke´s Hospital in Cambridge the procedure was revived. A
man received the injection of fetal cells, and physicians are optimistic that
he can recover full controls of his movements within 5 years.
The problem is
that the team did not have enough cells to give the man a full treatment, they
were only able to inject half of the brain´s man, but they hope to treat the
other half soon. Their future plan is to treat 19 people in a cooperative trial
between Cambridge and Sweden, but all depends on the availability of fetal
cells from women terminating pregnancies.
If the injection of
cells is a potential strategy to cure PD, an alternative to fetal cells could
be stem cells, which are undifferentiated cells that efficiently undergo
differentiation in order to become specialized.
Thus, it is imaginable to differentiate
stem cells to dopamine-producing cells and then use these cells for the
injection into the brain of PD patients.
The use of stem cells can solve both the
supply problem due to the donations of fetal cells and the problem due to a
lack of scheduling, since nobody can predict when a donation will occur.
In conclusion, it seems that the scientific community
is working hard testing different ways to delay the progression of the disease
and/or cure the disease itself.
We all know that the scientific progress is a slow
process, nevertheless it will end up with a stunning discovery.
Bibliography:
Livia Civitelli, PhD
Università di Linkoping Svezia - IKE
Credits Image - Brain Vector by Pauldizonr
mercoledì 10 giugno 2015
Museo Laboratorio del Mortigliengo_Mezzana Mortigliengo, 07 giugno 2015. Aperitivo culturale: “Moneta complementare”
Relatori:
Francesco Bernabei e Alberto Gallo
Giornata
splendida, da andare a farsi una passeggiata da qualche parte o un bagno al
fiume, ma non tutti antepongono il dilettevole all'utile, così se l'argomento di un incontro è “La Moneta Complementare” qualche curioso si è trattenuto per partecipare.
Sarà che di questi tempi non è più blasfemo pensare ad altre forme di
pagamento, sarà che l'Ecomuseo che ha ospitato l'incontro è luogo ricco di fascino e di storia… fatto sta che grazie ai partecipanti c'è stato un bel confronto su un tema spinoso: il denaro.
Il tema della moneta complementare è un argomento al quale Francesco
Bernabei si dedica da tempo e che spesso è poco conosciuto dal “grande pubblico”. Prima di raccontare cos’è e quali sono i progetti attivi in Italia è stato necessario fare un excursus
sulla storia della moneta che dal passato ci portato all’adozione dell’Euro.
Da anni conviviamo
con una crisi che paralizza il sistema economico, il denaro non circola, ove e
quando possibile si tesaurizza perché manca la fiducia, c’è stagnazione eppure abbiamo un grande potenziale inespresso che soffoca per mancanza di moneta circolante.
Se il sistema
tradizionale di pensiero, economico e finanziario, non ha risposte efficaci
possiamo immaginare ce ne siano “altre” possibili?
I 65 progetti dedicati alla moneta
complementare esistenti ed attivi ad oggi in Italia dimostrano che vi è la volontà di trovare un sistema di
misurazione efficace del valore di scambio che sia in grado di ossigenare
il sistema mettendo in circolo l’economia sociale, cioè quella che permette ad una comunità, piccola e grande che sia, di sviluppare e potenziare
gli scambi basandosi sulla “fiducia”, perché non è il pezzo di carta ad essere
fondamentale ma il valore che assume
nel momento in cui lo si immette nel mercato azionando una transazione, altrimenti non ne avrebbe di per sé alcuno.
Vi sono ancora
tante domande da porsi e molti passi da compiere ma è sintomatico che nell’aria si senta, pur a fronte di mancanza di risposte assolute - d’altronde chi può mai dire di averle? -, una maggiore consapevolezza
nel sentire il bisogno di un cambiamento.
Alberto Gallo, intervenuto a completamento del
panorama, ha parlato di due iniziative già esistenti ed attuabili: lo Scec ed il Piemex.
Il primo è uno strumento attivo in tutta Italia, a macchia di leopardo, che ha l'ambizione folle di
promuovere una ricostruzione della
comunità (sociale ancor
prima che economica) a partire da un
dono incondizionato, 100 Scec gratuiti al momento dell'iscrizione, che
innesca una riduzione di prezzo
circolare per gli aderenti, che così vedono aumentare il
proprio potere d'acquisto a patto che lo usino per irrorare l'economia di prossimità, con ulteriori
ricadute sul territorio.
In pratica, lo
strumento serve per oliare qualunque iniziativa
socialmente utile che voglia avvalersi di un patto di comunità: la decisione di
usare uno strumento di misurazione del
valore come lo Scec.
Tra aziende con p.iva questo si configura
come uno sconto incondizionato (max
30%), che attira nuovi clienti e che
al contrario dello sconto normalmente inteso non si traduce in un mancato
guadagno, poiché può esser rispeso
dentro al circuito. Ulteriore volano, la
possibilità di scambiarsi cose
al 100% quando si tratta di beni usati (allungandone così il ciclo di vita) o di prestazioni tra singole persone.
Una sorta di banca del tempo non convenzionale, dove è il fornitore di servizi che decide quanto vuole per il suo
lavoro,
e si lascia ai partecipanti la decisione di accedervi o meno.
E poi, come
ulteriore stimolo, il suggerimento: ma perchè non utilizzare gli Scec per dare un valore ad attività che nel mondo Euro non lo sono?
Come i lavori
domestici, o lavori socialmente utili in generale, ma svolti con sempre più fatica dai
volontari?
Il salto culturale è denso: si sta
parlando di ridisegnare il concetto di
benessere inteso in termini più ampi. Quello che
nell'economia solidaria sudamericana è chiamato “buen vivir”.
Insomma, tentativi
per riportare l'economia al servizio e
non a dominio dell'uomo.
Il secondo
strumento, Piemex, ha la
caratteristica di poter lavorare sulla creazione
del circuito con un'efficacia data dall'organizzazione professionale,
mentre ArcipelagoScec è portato avanti da
volontari in tutta Italia, che per quanto si possano impegnare non possono
dedicare energie così consistenti.
La funzione di
Piemex (che replica il successo di Sardex sul territorio piemontese) è quella di metter in
relazione le PMI di un territorio
garantendo loro di poter effettuare scambi
non inquinati dalla finanza, dunque al 100%
in compensazione Piemex. Questo vuol dire che in pratica si creano le
condizioni per un baratto multilaterale
e multitemporale, che di fatto crea un patto
sociale di accettazione di una valuta compensativa, svuotata del suo potere
di riserva di valore e dove viceversa si rafforza la sua funzionalità di mezzo di
scambio. Questo permette ai crediti
Piemex di passare di mano molto velocemente, all'incirca 7-8 volte più velocemente dell'Euro che viceversa
viene tesaurizzato di fatto bloccando l'economia e gli scambi.
Entrambi gli
strumenti dunque hanno in seno la capacità di dare accesso ad
un mercato complementare ed aggiuntivo, con pagamenti certi e da persone di
fiducia.
Una dimostrazione
pratica insomma di come una visione
sociale solidale con opportuni strumenti possa creare valore economico reale
e non solo ideale.
La scommessa dei
relatori è che i due strumenti si possano integrare,
vista l'identità di obiettivi e la
diversità di funzioni che
possono svolgere.
Se siete curiosi e
volete saperne di più potete contattare
Alberto Gallo al numero 347 5860754 o via mail michiamoalberto@gmail.com.
A,Gallo
S B. Saccagno
S SAVE THE DATE _ 21 GIUGNO 2015
Prossimo Appuntamento con Gaia ed il risparmio alimentare
P
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