Antefatto
La
contemporaneità è imbibita di “crisi”, una parola che ormai ha assunto una sua
entità fisica, palpabile nella quotidianità di ogni singolo essere, vivente o
inerte che sia (pare che nessuno ne sia escluso). La “crisi” ha permeato la
realtà di una patina vischiosa e grigiastra che soffoca la fiducia e inibisce
le reazioni e le energie.
Eppure, questa parola in sé non ha una connotazione
prettamente negativa, anzi, favorisce la creatività e il cambiamento, per
esempio per le Scienze Sociali è “il passaggio da una condizione di stabilità a una di
variabilità negli equilibri istituzionali e culturali di un sistema sociale” (Enciclopedia OnlineTreccani, v. Crisi), un passaggio dunque; è un
semplice cambio di status e a ben
pensare si può focalizzarlo come un corridoio da attraversare con consapevolezza,
non certo come una palude soffocante che impantana.
Ma
se facciamo un salto indietro, là dove la cultura era il fulcro centrale di
ogni atto umano e filosofeggiare era un valore etico e morale imprescindibile, nella
latinità, “crisi” è qualcosa di ancora più profondo, dall’intrinseco valore
positivo, ossia il momento della scelta oppure quello della risoluzione di uno
stato di malattia, cioè stringi stringi la soluzione, non il problema… (Vocabolario Online Treccani, v. Crisi " dal
lat. crisis, gr. κρίσις «scelta,
decisione, fase decisiva di una malattia», der. di κρίνω «distinguere, giudicare»” ; IL – Castiglioni Mariotti, Dizionario Italiano-Latino, v. latina Crisis“risoluzione di una malattia”).
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photo by https://www.flickr.com/photos/141531339@N03/
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