«Dacci la tua personale definizione di “diritto” e di “etica”».
«Il diritto è ciò che si stabilisce
(o si riconosce) essere giusto, l’etica è ciò che è (o dovrebbe o sarebbe
dovuta essere) l’essenza di ciò che si stabilisce (o si riconosce) come
diritto».
«Perché hai scelto di fare l’avvocato e quali prospettive intravedi per il
futuro della professione in un contesto socio economico e culturale liquido che si sta trasformando a
contorni sfuocati verso un cambiamento di rotta che si origina dal ‘basso’, che
è in fermento ma ancora allo stato embrionale per avere delle prospezioni e
proiezioni affidabili per il medio lungo termine?».
«Purtroppo non vedo nessun
cambiamento di rotta che si origina dal basso, soprattutto per quanto riguarda
la mia professione, che ho scelto per passione e inclinazioni personali.
Le prospettive sono quelle
di una bipolarizzazione: da un lato chi ha ampio parco clienti e capitale da
investire, dall’altro chi può principalmente offrire solo le proprie competenze
professionali; con la costante progressione della
gerarchizzazione/subordinazione tra i primi e i secondi e con l’erosione del
numero di avvocati che riescono ad esercitare tenendosi fuori da questa
dinamica».
«Se dovessi rispondere a bruciapelo quali sono le 3 qualità che un ‘buon’
(qui inteso nel senso greco del termine) avvocato deve avere?».
«Equilibrio, intuito,
prontezza».
«Tu come professionista fai parte di arcipelago
Scec, quali ragioni ti hanno portato a scegliere questo percorso per
valorizzare sia il tuo lavoro sia il valore umano all’interno di un contesto
sociale condiviso e compartecipato?».
«Scec è l’acronimo di “solidarietà che cammina” e i principi
etici sottesi alla circolazione degli Scec
uniti alla pragmaticità e convenienza di tale sistema di scambio complementare
sono stati i motivi che mi hanno portato ad aderireentusiasticamente a tale piattaforma».
«Non si può nascondere che il sistema giuridico nei suoi meccanismi ha
diverse pecche, libero di dissentire in
toto ma di fatto migliorie per arrivare a snellire ed ottimizzare le
risorse a vantaggio di tutti se ne potrebbero fare; dal punto di vista di un
professionista quali accorgimenti o correttivi sarebbe necessario apportare
quanto prima per migliorare il lavoro quotidiano nel campo della giustizia?».
«Approssimando
per esigenze di sintesi, credo che occorra distinguere tra “sistema giuridico”
inteso come ordinamento giuridico, nella sua totalità, “sistema giudiziario”
ossia la “macchina che applica la legge” e “funzionamento del sistema
giudiziario” ossia come in concreto questa macchina opera.
Tutti e tre i
livelli possono e devono essere migliorati (non solo in Italia).
Al momento credo
che l’accorgimento “più facile” da attuare e che può dare benefici già nel
breve termine sia l’ulteriore potenziamento della digitalizzazione e delle
comunicazioni telematiche».
«Proverbio dice “fatta la legge fatto
l’inganno” quasi a ribadire che la legge è un incidente di percorso
superabile con l’astuzia, giocando non sempre pulito, probabilmente un retaggio
di esempi negativi che tutti i giorni si hanno sotto gli occhi, dei tanti
divieti limitanti contenuti nelle norme e di casistiche generali che non
colgono le particolarità che seppure piccole sono importanti; questo in un
certo senso crea un clima di sfiducia verso ciò che invece dovrebbe non solo
tutelarci ma aprirci le possibilità ‘di essere e di fare’. Sebbene non sia
facile produrre una norma valida per tutti, così come non è automatico arrivare
a modifiche in ‘positivo’, quali possono essere i processi per arrivare ad una
progettazione del diritto compartecipata non a valore privativo e restrittivo
ma costruttivo e quali sono gli strumenti che gli ‘uomini e donne di legge’
hanno a disposizione per non fermarsi alla mera applicazione automatica quando
ritengono vi siano cambiamenti di apportare alla norma vigente?».
«Gli operatori del diritto
non possono eludere le disposizioni di legge, possono solo applicarle interpretandole
in conformità dei principi sottesi ad esse tenendo peraltro conto della
gerarchia delle fonti normative e dei rimedi previsti in caso di dubbia
costituzionalità o conformità al diritto dell’Unione Europea. In questo
contesto si inserisce altresì la c.d. Interpretazione adeguatrice che non è
elusione ma è applicazione, applicazione sensibile alle esigenze di tutela che
costituiscono la ratio delle disposizioni già vigenti, generali o particolari
che siano.
Una progettazione
compartecipata del diritto (intesa come progettazione di nuove disposizioni o
di nuovi complessi normativi) può avvenire attraverso strumenti di
partecipazione popolare, l’importante è che sia ben chiaro il fatto che
limitatamente agli aspetti tecnici ci può essere un dibattito solo fra tecnici
del diritto e non anche tra coloro che non lo sono».
«Ogni disciplina ha il suo vocabolario tecnico con significati e
significanti ben precisi che ben di rado escono dal circolo elitario degli
‘addetti ai lavori’ e questo gioco forza genera confusione e distanze,
soprattutto quando i termini tecnici vengono utilizzati in modo improprio e
superficiale, come spesso capita. Nell’era digitale, da titoli improbabili e
notizie sempre più frequenti ma di bassa qualità, quali sistemi si potrebbero
sviluppare in modo semplice ed intuitivo per diffondere la cultura tecnica a
favore della conoscenza e della consapevolezza che avrebbe l’indubbio vantaggio
di comprendere senza incappare in errori macroscopici e campagne demagogiche
false e tendenziose?».
«Se è vero che, come dicevo,
un dibattito tecnico può solo avvenire tra addetti ai lavori è altresì vero che
chi non lo è, e ha una cultura/istruzione media, è comunque in grado di
conoscere e capire un glossario giuridico minimo, sufficiente a evitare molti
fraintendimenti.
Occorrerebbe un’opera di
divulgazione mirata (soprattutto nelle scuole) e delle avvertenze
obbligatorie in calce agli articoli di cronaca giudiziaria che molto spesso
giocano sulle ambiguità; un caso frequente è quello in cui l’autore
dell’articolo prospetta come stupro qualsiasi violenza sessuale, la quale, ai
sensi dell’art. 609 bis
codice penale, può consistere anche in un palpeggiamento indesiderato della
coscia (fatto da punire ma non certo assimilabile ad uno stupro) ; altra
ipotesi tutt’altro che rara è quella in cui una sentenza di non doversi
procedere per intervenuta prescrizione viene illustrata come sentenza di
assoluzione».
«Oggi si potrebbe dire che è prassi rivolgersi all’avvocato solo in estrema ratio quando un danno è stato
fatto o subito o per scontrarsi contro altri, sebbene a volte basterebbe buon
senso e pacifica comunicazione, con il risultato di intasare i tribunali;
quando forse la pena spendersi per promuovere la cultura della consulenza
preventiva che permette di evitare processi e contenziosi che potrebbero essere
risolti in maniera molto più semplice e ‘vantaggiosa’, a partire dal minor
spreco di tempo e risorse. La consulenza preventiva potrebbe migliorare il
rapporto diritto/cittadino a beneficio della comunità e favorire un percorso di
dialogo ragionato più oculato?
Ritieni sarebbe opportuno favorire questo tipo di percorso, quali vantaggi
potrebbe portare effettivamente, naturalmente se ritieni ne abbia? ».
«Sicuramente. È il miglior
modo non solo per ridurre il contenzioso giudiziario - evitando di
rivolgersi al legale solo quando si è già ricevuto un atto giudiziario e
pertanto quando un procedimento giurisdizionale è già stato incardinato -
ma anche per migliorare la propria tutela: spesso ci si rivolge
all’avvocato quando è troppo tardi ossia quando poteri che potevano essere
legittimamente esercitati - non necessariamente in sede giudiziaria - si
sono prescritti o non possono più in concreto essere esperiti».
«Ed infine caro avvocato quali sono i valori aggiunti ed il potenziale
esprimibile che il diritto può apportare per partecipare ad una costruzione
sinergica di un processo di riprogettazione sociale a 360° che abbia come
obiettivo l'equilibrio ed il benessere a vantaggio di ogni singolo individuo e
del pianeta?».
«Pensare che il diritto
possa dare un valore aggiunto ad una riprogettazione sociale radicale,
significa pensare che esso si ponga in una relazione accessoria rispetto alla
società, un qualcosa in più che può essere dato ad essa. In realtà si tratta
invece di una totale compenetrazione.
Un brocardo recita ubi
societas ibi ius, ubi ius ibi societas . Non esiste società senza diritto
ma non esiste nemmeno il diritto senza una società, in quanto il diritto è
relazione. Occorre un diritto sano in modo che la società si sviluppi in
maniera sana ed occorre una società sana in maniera tale che essa possa
esprimere un diritto altrettanto sano.
Laddove c’è un accordo
(anche tacito) c’è diritto, laddove c’è consuetudine c’è diritto,
la riprogettazione sociale è essa stessa diritto».
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